Gli Uraniani
Anche se non si crede agli oroscopi, il mese di novembre 2014 ha portato bene a certi pianeti, in particolare ad Urano. Il mediometraggio Gli Uraniani – diretto da Gianni Gatti, che l’ha scritto con Antonio Cecchi – ha vinto il Premio Speciale della Giuria della sezione ConCorto di Arcipelago 2.2° e ha ricevuto il Premio Videoqueer al Florence Queer Film Festival 2014. Un lavoro di venticinque minuti destinato a diventare la prima parte di un film a episodi molto speciale. Un viaggio nel cinema del Novecento per rappresentare quel che il cinema, almeno in Italia, proprio non riusciva a raccontare: gli omosessuali. Ne parliamo con gli autori, entrambi soci WGI.
Gianni e Antonio, poiché non tutti i soci WGI conoscono il vostro percorso, che ne dite di presentarvi con un pitch su di voi?
Gianni: Abruzzese, mi sono diplomato in sceneggiatura al Centro Sperimentale. Lavoro da molti anni come autore per il cinema e la televisione, ma ho sempre sentito il bisogno di dirigere, oltre che di scrivere. E’ anche per questo che, prima de Gli Uraniani, ho fatto la regia di alcuni corti molto fortunati, come Offerte Speciali.
Antonio: Sono nato a Milano e ho studiato a Napoli. Salito a Roma, ho fatto tanta gavetta tra teatro e cinema indipendente. Assieme ad altri amici fondammo la Riverfilm, che produsse Il Tuffo di Massimo Martella e Il Pranzo Onirico di Eros Puglielli. Poi tanta scrittura per lo schermo, spesso assieme a Gianni.
Veniamo a Gli Uraniani. Interpretato da Sandra Ceccarelli, Pippo Del Bono, Nina Torresi e Michele Di Siena, racconta – cito dal comunicato stampa – di un’attrice teatrale degli anni Trenta, ispirata a Irma Gramatica, che va a curarsi l’artrite nervosa in una spiaggia deserta, accompagnata dalla sua giovane dama di compagnia. L’incontro con un eccentrico pittore, ispirato a Filippo De Pisis, farà luce sulla natura del sentimento che lega le due donne. Come nasce questo progetto?
Antonio: Dopo Offerte Speciali, selezionato nei festival di mezzo mondo e vincitore di tanti premi, ci aspettavamo che succedessero… delle cose, intendo belle proposte di lavoro per il cinema. Invece niente. Le acque non si muovevano. Allora ci siamo detti, se non succede niente di buono, facciamolo accadere noi. Abbiamo pensato che un film a episodi fosse più semplice da produrre, facendolo… diciamo così… a rate.
Gianni: Possiamo dire che Gli Uraniani è un film in costume senza costumi. Tutto girato nella medesima location, una splendida riserva naturale tra Sabaudia e Latina.Episodio dopo episodio, cambia il formato, la qualità cromatica, insomma l’estetica del film – coerentemente con il momento storico del singolo episodio.
Oltre alla tecnica di regia e fotografia, per ogni episodio cambia anche il tono, il genere?
Antonio: Sì, infatti cominciamo come un melò…
Gianni: … che si basa su un racconto di Antonio, voglio ricordarlo.
Antonio: Poi gli episodi virano verso il drammatico, poi il grottesco, il paradossale. Quello ambientato nel 1958 allude alle atmosfere di Antonioni e Moravia, quello del 1979 ricorda un teen movie e quello del 1993 si ispira a Donne sull’orlo di una crisi di nervi. Poi l’ultimo, ambientato nel 2000, sarà probabilmente girato alla Dogma 95.
Dal punto di vista narrativo gli episodi sono indipendenti l’uno dall’altro?
Gianni: Sì, lo sono, però ciascuno getta una luce su quelli precedenti. E’ così che viene costruito un quadro d’insieme coeso e solido.
Antonio: Quello che rimane costante è la location, cioè la spiaggia. Oltre al tema, cioè l’omosessualità nel Novecento in Italia.
Ecco, il nocciolo del progetto. Gli Uraniani fotografa una carenza del nostro cinema e ambisce a riscriverne la storia.
Gianni: Il cinema italiano ha negato a lungo la rappresentazione dell’omosessualità, anzi la nega ancora. Sono pochissimi i protagonisti omosessuali nei film nostrani. Ne Gli Uraniani facciamo finta che le cose siano andate diversamente, che il cinema italiano se ne sia invece occupato nel corso dei decenni.
E’ per questo che stile e tecnica cambiano di episodio in episodio?
Gianni: Proprio così. Non è un vezzo stilistico fine a se stesso. Così un gesto estetico diventa un gesto politico.
Scorrendo i credits, ci si accorge che a Gli Uraniani, oltre ad attori bravissimi e importanti, hanno collaborato tanti professionisti eccellenti: il montaggio è di Simona Paggi (Gigolò per caso), già candidata all’Oscar per La vita è bella; la fotografia è di Antonio Grambone (Lettere dal Sahara, La mossa del pinguino); il suono di Emanuele Cecere (La grande bellezza, Miele); la scenografia di Massimiliano Nocente (Saturno contro, Tempo instabile con probabili schiarite) e i costumi di Luigi Bonanno (Baarìa, Più buio di mezzanotte). Infine Pasquale Catalano (Le conseguenze dell’amore, Romanzo Criminale – la serie, Allacciate le cinture) ha composto e diretto le musiche originali.
Antonio: Sì, una splendida squadra di lavoro, in parte formata dagli stessi professionisti con i quali avevamo girato i corti. Tutte persone che per Gli Uraniani hanno lavorato per pochi soldi o addirittura nulla.
Buon segno, si vede che credono in voi e nella bontà del progetto.
Gianni: In effetti il progetto stesso è partito grazie a una dimostrazione di fiducia. Parlo della Borsa di sostegno allo sviluppo 2009 che abbiamo ricevuto al 30° Festival Cineméd di Montpellier. In pratica una residenza di scrittura in Normandia.
Si parlava di realizzare un film a rate. Infatti dal 2009 voliamo al 2012, l’anno delle riprese. Fatte a cavallo tra maggio e giugno, dovevano durare cinque giorni.
Gianni: Ma a causa della pioggia sono durate tre giorni e mezzo. Una situazione quasi disperata. Invece ce l’abbiamo fatta, anche grazie agli attori, così bravi e preparati da riuscire a condensare tutto in un tempo davvero breve.
Poi una lunga post-produzione e infine la trafila dei festival, che vi ha dato belle soddisfazioni in termini di premi e critica. E adesso?
Gianni: I premi di Arcipelago e del Florence Queer Film Festival hanno senz’altro incoraggiato i nostri produttori Dario Formisano e Flavia Parnasi. Insieme a loro abbiamo fatto alcune domande di finanziamento e aspettiamo risposta.
Un’ultima cosa. Da poco vi siete iscritti alla WGI.
Antonio: Sì, mi piace l’idea di un sindacato, qualcosa che superi i limiti della vecchia SACT. Inoltre mi pare giusto stabilire un codice, delle regole che siano realisticamente consapevoli della natura, posso dirlo?, meschina di noi scrittori.
Gianni: (ride) Meschina…
Credo si dica homo homini lupus.
Antonio: Appunto. Se siamo consapevoli dei nostri difetti e delle tentazioni alle quali siamo esposti, allora diventa ragionevole che una comunità stabilisca una serie di precetti e che chi li viola venga sanzionato. Così si passa dalla giungla, dallo stato di natura a una qualche forma di civiltà. Allo stesso modo mi sembra una forma di civiltà diffondere, come la Guild sta facendo, una cultura del contratto condiviso.
Un messaggio per i soci della Guild?
Antonio: Chiudo con una speranza. Che la Guild, assieme a tutti noi, riesca a spostare di qualche grado la percezione che di noi sceneggiatori hanno registi e produttori. Fargli capire e accettare che non siamo soltanto dattilografi che si limitano a mettere nero su bianco le ideuzze altrui. Lo dico pensando a tanti colleghi trattati come fossero un male necessario, considerati un mero strumento tecnico intercambiale.
In bocca al lupo per Gli Uraniani.