Francesco Siro Brigiano
Più opportunità per raccontare le mie storie.
Writers Guild Italia ha concentrato la propria attenzione sulla Intelligenza Artificiale generativa fin dalle prime apparizioni online di applicazioni, software e piattaforme dedicate alla creazione di contenuti, riconoscendo immediatamente rischi e opportunità nella diffusione di questa tecnologia potente e in continua evoluzione.
A distanza di quasi due anni l‘impatto della AI generativa sui mestieri legati alla narrazione è tanto innegabile quanto ancora non quantificabile, ma qualunque dovesse essere siamo convinti che sia necessario conoscere lo strumento per poterlo controllare, per poterne determinare i confini e soprattutto per impedire che si trasformi in un mezzo di ulteriore depauperamento dei diritti economici e morali degli autori di oggi e del futuro.
Dopo avere organizzato conferenze sul tema al festival di Venezia e alla Università Cattolica di Milano, avere partecipato al convegno organizzato da France Odeon a Firenze e discusso con gli sceneggiatori di tutta Europa nell’ambito degli incontri sul tema organizzati dalla Federazione Europea degli Sceneggiatori (FSE), Writers Guild Italia inaugura WGI AI, questa rubrica dedicata alla AI generativa, che si prefigge di stimolare la discussione tra i soci (e non solo) sull’evoluzione degli strumenti, sulle ricadute per il nostro mestiere e sul percorso di Leggi, direttive e good practices con l’obiettivo di una regolamentazione della AI generativa che privilegi la protezione dei diritti di tutti gli autori.
Abbiamo chiesto il primo contributo di questa nuova rubrica a Francesco Siro Brigiano, il vincitore dell’AIFF, Artificial Intelligence Film Festival di Dubai, un evento dedicato esplicitamente a progetti audiovisivi realizzati con gli strumenti di AI Generativa.
Ciao Francesco, prima di tutto congratulazioni per i due premi vinti al festival: regia e AI Choice.
Grazie. È stata una bella sorpresa.
Cominciamo dall’inizio: chi sei, che cosa fai, dove vivi… presentati, insomma.
Sono Francesco, ma questo lo sapete già, vivo in Sicilia, a Trapani, dove mi occupo da sempre di film-making. Nella vita quotidiana realizzo film, videoclip, campagne pubblicitarie con gli strumenti tradizionali: telecamere, carrelli, dolly…
E finito il lavoro ti trasformi in un appassionato di AI generativa, stile Jeckill & Hyde.
In realtà questo approccio attento alle evoluzioni tecnologiche ce l’ho da prima dell’arrivo della AI. Da quando ho iniziato a fare il filmaker ci sono state varie innovazioni, e forse qualche rivoluzione, che hanno offerto nuovi strumenti al racconto audiovisivo e ho sempre cercato di farle mie per avere più opportunità di raccontare le mie storie, che poi alla fine sono quello che conta.
Questa affermazione è un ottimo spunto per noi sceneggiatori, proviamo ad approfondirlo.
Io mi ritengo prima di tutto uno storyteller. A me interessa raccontare le mie storie, arrivare al cuore del pubblico è la cosa più importante, il mezzo con cui realizzo questo obiettivo è secondario.
Le piattaforme di AI generativa quindi sono solo uno strumento dal tuo punto di vista?
Potente e in continua evoluzione, ma… direi di sì. Nella competizione tra esercizio di stile esasperato e narrazione la seconda vince sempre, a prescindere dal mezzo utilizzato per realizzare le immagini. Vale per la AI oggi, come valeva prima per le telecamere digitali e poi per gli smartphone, per citare i primi due cambiamenti epocali che mi vengono in mente: senza una storia, dei sentimenti, le immagini montate una dietro l’altra restano vuote, non emozionano.
La componente umana è fondamentale, è quasi superfluo dirlo, ma non fa male ribadirlo. Per questo hai scelto di usare attori in carne e ossa in Treta, il cortometraggio che ti ha fatto vincere due premi a Dubai?
Esattamente. Avrei potuto sintetizzare i dialoghi con altri strumenti elettronici, ma avrei perso il calore, le intenzioni che dirigendo gli attori sono riuscito a ottenere e che andavano proprio nella direzione di amplificare i temi e i significati del racconto, testi e sottotesti. Le sfumature che dà un attore umano sono inarrivabili dalla Intelligenza Artificiale, senza contare che le restrizioni del software impediscono, per dire, la creazione di voci di minori: anche volendolo non avrei potuto avere la voce del bambino.
WGI: Treta è un cyborg, quindi: un po’ macchina e molto umano.
Tutti i film lo sono, dalla nascita del cinema, no?
Quindi tu a chi dice che la AI generativa non fa film making che cosa rispondi?
Che è uno strumento, come abbiamo già detto. Sono convinto che questa nuova forma espressiva permetterà a molti autori di tirare fuori dai cassetti storie a cui avevano rinunciato – perché costavano troppo, perché non rispondevano alle esigenze attuali delle produzioni – dandogli la possibilità di realizzare e distribuire i loro film in modo indipendente. Io lo considero terapeutico.
In che senso?
Ogni volta che realizzo un progetto che ho nel cassetto e posso mostrarlo al pubblico riduco lo stress di non avere avuto l’occasione di raccontare la mia storia.
E magari con una di queste idee nel cassetto finalmente realizzate poi vinci Festival internazionali dedicati alla AI, come te. Ci spieghi quale è stato il percorso di Treta?
Parte tutto dalla storia che volevo raccontare, il mio punto di vista su quello che ci sta succedendo intorno in questo momento storico complicato.
Con uno stile visivo molto preciso, come mai hai scelto una ambientazione steampunk?
È sicuramente la più adatta al mezzo e alla storia, poi è contata tanto la mia passione per la fantascienza. In realtà però l’ambientazione di Treta è una sintesi di tutto quello che amo nel cinema, sono presenti più o meno velatamente influenze di Fellini, Gilliam, Lynch, il Barocco ed il Liberty che adoro da sempre…
Ti ho interrotto, riprendiamo il percorso. Hai una storia in testa, scrivi il copione, scegli stile e tono…
E poi passo le nottate a scrivere prompt per ottenere le inquadrature.
Tutto text to video? Vogliamo spiegare rapidamente come funziona?
Si, è stato tutto realizzato in text to video, significa che nel programma di AI viene inserito un testo con la descrizione dell’immagine che si vuole generare e il software la produce, ovviamente con degli adattamenti, per cui bisogna o adattarsi al risultato o provare testi diversi fino al risultato desiderato.
È stato un lavoro lungo?
Direi di sì, ma più si utilizza lo strumento e più si imparano i trucchi per ottenere quello che si vuole, senza contare che gli strumenti evolvono di continuo e che online è possibile trovare sia tutorial che articoli a cui fare riferimento.
Ho interrotto di nuovo, ma in questa fase sono importanti anche i dettagli tecnici, per quanto in evoluzione. Hai montato il film e…
Ho montato con strumenti tradizionali, per continuare con la metafora del cyborg. E poi ho spammato il film online, facendo un piccolo investimento economico.
E così sei arrivato al festival di Dubai.
Non esattamente. Ho utilizzato una piattaforma che raccoglie i festival di tutto il mondo – filmfreeway.com – per individuare i Festival dedicati ai film realizzati con la AI. Ho iscritto Treta ad alcuni di questi e dopo avere vinto Dubai sono in cinquina anche in altri festival internazionali, in Ungheria e in Cina.
L’investimento complessivo quanto è stato?
È difficile da quantificare, perché ho sottoscritto abbonamenti a diverse piattaforme, di AI generativa, ma diciamo che siamo nell’ordine dei duemila Euro.
Hai detto che l’ambientazione steampunk è la più adatta al mezzo, significa che ci sono generi meno adatti?
La mia opinione, ma è personale, è che la AI generativa non sia ancora pronta a realizzare film drammatici o commedie.
Un tema fondamentale per Writers Guild Italia è la remunerazione ed il rispetto dei diritti d’autore, la AI generativa da questo punto di vista non è stata ancora regolamentata, come testimoniano le cause intentate per esempio dalle grandi testate giornalistiche contro le società che gestiscono le piattaforme. Come ti regoli?
Non è una domanda semplice. Sicuramente l’entusiasmo iniziale ha messo un po’ in secondo piano questo aspetto, che però è fondamentale. È anche vero che interventi di regolamentazione di questi aspetti della AI sono in carico alle istituzioni più che al singolo utilizzatore. Sicuramente penso che vada individuato un sistema per pagare gli autori che, consapevoli o meno, hanno nutrito i dataset che i software di AI utilizzano per produrre i loro risultati.
Grazie mille, Francesco e in bocca al lupo per i tuoi prossimi progetti.
Grazie a voi.