Parola d’ordine: inaspettato
La conferenza stampa della 72. Mostra del Cinema
All’Hotel Excelsior di Roma, in occasione della presentazione alla stampa della 72. Mostra Internazionale del Cinema di Venezia, c’eravamo anche noi.
Al momento di ritirare la cartella stampa ci riconoscono: “WGI…? Ma certo… quelli che intervistano gli sceneggiatori!”. In una sala gremita di giornalisti e telecamere, detenere questa precisa identità non è poco. Sì, siamo gli unici a farlo. Le nostre interviste sono apparse sul sito della Mostra, in pratica sono ormai istituzionali. Andando avanti così, purtroppo, il nostro sforzo di dare maggiore visibilità alla categoria diventerà una vera missione, perché nella cartella stampa della Mostra i nomi degli sceneggiatori latitano alla grande, desaparecidos!
Veniamo alla presentazione. Introduce il presidente della Biennale, Paolo Baratta, che sottolinea le crescenti difficoltà per l’allestimento della Mostra, visto il regime di crescente concorrenza a livello internazionale. Venezia riesce comunque a mantenere il suo livello prestigioso offrendo al pubblico, in sintonia con la Biennale d’arte, la possibilità di an expanded eye, una dilatazione dello sguardo, per una migliore capacità di percepire, vedere, cogliere le opere dell’ingegno artistico. Baratta rimarca l’esperienza positiva di Biennale College, in cui “i professionisti affiancano i giovani per tradurre le intenzioni brillanti in risultati”. Finora tre anni di ottimi risultati, con prodotti che poi hanno riscosso consensi e premi in vari festival sparsi per il mondo.
Poi tocca al direttore della Mostra, Alberto Barbera, che snocciola numeri, titoli, intenti e riflessioni della 72.. Al lido si apre il 2 settembre e si chiude il 12. La giuria è di grande prestigio (Cuaròn presidente, il signore di “Gravity”). I film in concorso sono 21, “di cui ben 4 italiani, uno in più del solito, ma averne 3 a Cannes e 4 a Venezia- ammette il direttore- non significa di per sé che le cose per il cinema italiano vadano senz’altro bene. Ci sono luci ed ombre; in Italia siamo arrivati a produrre circa 250 film all’anno con le stesse risorse di quando se ne producevano la metà. “Inevitabilmente questo va a discapito della qualità. Anche la quantità è importante, ma non a questo prezzo.
Gli italiani in concorso sono: Sangue del mio sangue, regia e sceneggiatura di Marco Bellocchio… A bigger splash, regia di Luca Guadagnino (che aveva già diretto nel 2009 Io sono l’amore, 10 milioni d’incasso lordo in America + una nomination al Golden Globe, ma solo 240.000 euro d’incasso in Italia e fischi alla Mostra), scritto da David Kajganich… Per amor vostro, diretto da Giuseppe M. Gaudino, scritto dallo stesso Gaudino con Isabella Sandri e Lina Sarti…L’attesa del debuttante Piero Messina, autore della sceneggiatura insieme con Andrea Paolo Massara. Per inciso, trovare sul web gli sceneggiatori di ogni film, il giorno dopo la presentazione, non è stato così immediato. Anche qui, “quasi” desaparecidos! Intanto un dato rilevante, impossibile fare a meno della coproduzione: tutti e 4 gli italiani in concorso sono stati coprodotti con la Francia. Nel film di Bellocchio c’è anche un terzo partner, la Svizzera.
Altrettanto nutrita è la pattuglia Statunitense, 4 film in concorso, “Opere non scontate e piuttosto disturbanti. – le presenta Barbera – Americani capaci di innovare e sorprendere sempre. Un esempio da cui dovremmo imparare”. Gli aggettivi più ricorrenti nella presentazione del direttore, quasi un tormentone, sono “sorprendente” e “inaspettato”. Nell’altro concorso (di pari dignità, si sottolinea) Orizzonti, giuria presieduta da Jonathan Demme, questi appellativi trionfano. È la sezione in cui non mancano mai le sorprese, i ritorni di autori eccellenti, le presenze di cinematografie meno conosciute o emergenti, insomma è il concorso in cui ci si può sbizzarrire. 18 film scelti tra oltre 1300, con 2 italiani presenti: il mokumentary Italian Gangster di Renato De Maria, scritto insieme con Valentina Strada e Federico Gnesini, Pecore in erba, diretto da Alberto Caviglia, con scrittori al momento non pervenuti (ahi!) e poi i documentari.
Barbera è convinto che i film più vivaci arrivino dal Sudamerica, un continente protagonista di un grande risveglio, soprattutto da parte dei paesi più “inaspettati”. Quest’annata per la Mostra non sarà memorabile, ma di sicuro interessante. Molti maestri dei tempi andati, quelli capaci di segnare un’epoca, non ci sono più. Stanno venendo a mancare tutti i punti di riferimento. Bisogna trovarne altri. Sotto la spinta dei profondi rinnovamenti che agitano il mondo tutti sembrano un po’ disorientati. Per raccontare questo mondo in evoluzione costante si procede con grande creatività, ma a tentoni, per tentativi. Siamo in fase di assestamento.
E noi scrittori agli scrittori di questi film inaspettati, interessanti, sorprendenti, cercheremo di dare la parola, di restituire attraverso le nostre interviste quella visibilità che ingiustamente continua a mancare. Mentre le serie tv di altissima qualità di tutto il mondo sono considerate (e riconosciute dal credit“created by”) come parto degli sceneggiatori showrunner, al cinema l’autore-sceneggiatore diventa sempre meno visibile, quasi un fantasma! Fosse andata sempre così avremmo sentito parlare ancora meno di pilastri che il nostro cinema l’hanno “solo” scritto, come Zavattini, Flaiano, Cecchi D’amico, Age e Scarpelli, Benvenuti e De Bernardi, Zapponi e così via.
Intanto, ci portiamo avanti e segnaliamo che il film scritto insieme al regista dal nostro socio Ezio Abbate è l’unico lungometraggio italiano che fa parte della Settimana della Critica. Bravo, Ezio!
Appuntamento per tutti al 2 settembre.
Antonio Lauro