La Writers Guild Italia è nata con il preciso intento di valorizzare e di far rispettare, sotto ogni aspetto, il lavoro professionale degli sceneggiatori e quindi anche la loro immagine pubblica. La sezione SCRITTO DA, sotto l’egida di WRITTEN BY, la prestigiosa rivista della WGAw, raccoglie e diffonde la voce degli sceneggiatori italiani, per tentare di supplire alla grande disattenzione con cui gli scrittori e le sceneggiature vengono penalizzati dalle comunicazioni dei festival e degli organi di informazione.
SCRITTORI A VENEZIA
Writers Guild Italia (WGI) incontra gli sceneggiatori italiani presenti con le loro opere alla 71° Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia (27 agosto-6 settembre)
Marco Bonfanti ha scritto TUBIOLO E LA LUNA, uno dei nove film brevi che compongono 9×10 NOVANTA che celebra i 90 anni dell’Istituto Luce. L’opera, presentata congiuntamente dalla 71. Mostra del Cinema di Venezia e dalle Giornate degli Autori/ Venice Days, verrà proiettata oggi, 3 settembre 2014, alle 15, nella Sala Darsena.
Tubiolo e la luna (in 9×10=90)
scritto da… MARCO BONFANTI
To celebrate Istituto Luce’s 90th Anniversary, some of the most esteemed contemporary Italian Cinema authors have realized nine short films, each lasting 10 minutes and consisting of an editing of images taken form the Institute’s Archive. Among these, the short movie TUBIOLO E LA LUNA by Marco Bonfanti, the story of a“joyful dream that goes through 20 years of Italian history”.
The author tells us how he did get involved in this project and explains the motivations of his narrative choices, highlighting the importance that the screenplay had in his work, which, despite several changes during the editing , had a very important role: “A kind of map not to get lost between misunderstandings with ourselves or the public”.
1. Per festeggiare i 90 anni dell’Istituto Luce, alcuni dei più apprezzati nuovi autori del nostro cinema sono stati invitati a realizzare un piccolo film, ciascuno con dieci minuti di immagini dell’Archivio. Tra questi, il tuo TUBIOLO E LA LUNA. Di cosa parla?
Tubiolo è figlio della terra, ma il suo naso punta sempre all’insù. Questa è la storia di un intenso, gioioso e candido sogno che attraversa vent’anni di vicende italiane. Il racconto di come un grande amore per la Luna diventò leggenda popolare.
2. Come sei stato coinvolto nel progetto di questo omaggio all’Istituto Luce?
Un giorno mi hanno chiamato per chiedermi se fossi interessato a prendere parte a questo film collettivo. Ho accettato con grande entusiasmo, anche se non sapevo esattamente cosa avrei dovuto raccontare. Al telefono mi avevano proposto nove temi, nove punti di partenza da cui prendere spunto. Purtroppo però stavo guidando la macchina in mezzo ad un traffico indiavolato, circondato dalle assordanti sferragliate dei tram, da un coro di clacson ed ero pure pressato dall’appuntamento dove stavo arrivando in ritardo, e quindi non ne ho afferrato neppure uno di quei possibili temi. Così, lì per lì, per evitare complicazioni e nascondere la mia deconcentrazione, ho sparato al mio interlocutore la prima parola che mi è venuta alla mente: spazio, che naturalmente non aveva nulla a che spartire con le loro proposte. Dopo un attimo, di più che giustificata titubanza, il produttore mi ha detto che sì, gli pareva un argomento interessante, probabilmente, ci si poteva accordare. Ho salutato con grandi e affettuosi ringraziamenti, una buona dose di gioia per la magnifica possibilità e subito dopo ho iniziato a pensare in che casino mi fossi cacciato. Spazio, cosa ne sapevoo io di questo argomento? Che cosa mi era saltato alla mente? Perché proprio lo spazio? Dubbi atroci che mi assalivano… E’ cominciata così la mia partecipazione al progetto e per fortuna “Tubiolo e la Luna” era lì pronto a farsi raccontare.
3. Quali sono state le motivazioni nella scelta delle immagini d’archivio?
Il film ha iniziato a venirmi incontro in modo molto vivo, come fosse un sogno, senza troppe spiegazioni intellettuali. L’idea dello spazio, mentre guidavo o camminavo, si trasformava in altro e diventava sempre più chiara e trasparente. Ho scritto la sceneggiatura in maniera molto veloce, urgente e precisa, e mi sono presentato all’appuntamento con il Luce. Da parte loro c’è stato un immediato e felice entusiasmo e hanno subito approvato questa storia. Solo in secondo momento, mi hanno avvisato della difficoltà di usare il materiale d’archivio per raccontare una storia così compiuta. Dovevo trovare, nello sterminato Archivio Luce delle immagini come se fossero state dirette da me su un set. Mi hanno detto che era un’operazione mai tentata prima in 90 anni di storia. Devo dire di essere stato molto ingenuo, incolto e incosciente nel buttarmi nell’impresa.
Insomma, insieme a Giovannella Rendi, deputata all’operazione, abbiamo cercato tutto ciò che avesse delle rispondenze tra il mio scritto e queste immagini fantasmatiche giunte da chissà quale spazio e tempo. Con nostra infinita meraviglia, il materiale ci veniva incontro spontaneamente, pronto a soddisfare le mie fantasie, la mia visione immaginifica, sognante della storia. Sono ancora stupito di quanto l’Archivio Luce sia così malleabile, allusivo, misterioso e capace di toccare l’inconscio.
4. Che peso dai alla sceneggiatura in un documentario?
Penso che la sceneggiatura sia importante da un punto di vista razionale, logico, anche se non è scritta oppure è concentrata solo sui nodi essenziali della narrazione. È una specie di mappa per non smarrirsi tra incomprensioni con se stessi e con il pubblico, e per non scadere in sterili facilonerie intellettualistiche.
5. Quanto è cambiata la costruzione della storia dalla prima idea al film realizzato?
È cambiata moltissimo, ma non nello spirito. Permettimi di dirti che per me la musica è fondamentale. Insieme al mio compositore, Danilo Caposeno, lavoro già in fase di montaggio e le sue note spostano di parecchio gli equilibri. Siamo in miracolosa sintonia. Lui è per me un co-sceneggiatore, le sue composizioni riempiono gli spazi, che gli lascio appositamente vuoti nella fase di concepimento dell’idea. Danilo è per me fondamentale nel processo di riscrittura emotiva del lavoro.
6. Quali pensi siano i punti di forza del film? Li hai cercati più per una tua esigenza espressiva o per andare incontro a un pubblico?
Non saprei dire quali sono “i punti di forza” del film. Tutto per me ha un senso ed un’emozione. Penso che la mia esigenza espressiva e l’andare incontro al pubblico non siano assolutamente contrastanti. Fare cinema è per me prima di tutto la necessità di comunicare qualcosa di intimo, in amicizia, con sincera complicità. Cercare di essere semplici in superficie, nel visibile, di modo da poter creare alle spalle di questa semplicità degli anfratti in cui buttarsi in profondità.
7. La WGI fa queste interviste per coprire un vuoto d’informazione. Di solito, ai festival si dà poca attenzione alla scrittura. Che ne pensi di questa abitudine?
Penso che i Festival siano una questione culturale soprattutto europea e che in Europa esista una tendenza più autoriale e meno industriale al cinema. La sceneggiatura ha maggior peso, attenzione, importanza, laddove l’industria è forte, organizzata, strutturata. Non ti dico sia meglio un approccio piuttosto che un altro, la mia è solo una constatazione, neppure troppo originale.
8. Cosa ti aspetti da Venezia? L’anno scorso ha vinto un documentario: è questa la strada, parità dei linguaggi e dei canali tra film e documentari?
Da Venezia mi aspetto molta curiosità da parte del pubblico nei confronti di ogni film che sarà presentato e spero possa essere un trampolino importante che dia la possibilità a tutti questi lavori di poter trovare pubblici vasti in ogni angolo del mondo (quindi che arrivino anche nell’angolino in cui vivo io). Per me la linea di demarcazione tra finzione e documentario semplicemente non esiste. Il Cinema ha a che fare con il sogno, è il suo naturale prosieguo in reciproco scambio. Perciò i film di finzione e i film documentari attingono alla medesima cosa: la ricerca degli archetipi, di qualcosa che unisce l’uomo nello spazio e soprattutto nel tempo. Casomai, bisognerebbe concentrarsi sulla capacità dei singoli autori nell’avvicinarsi a queste questioni dell’inconscio per determinare la riuscita o meno di un film e non soffermarsi sulla forma utilizzata per raggiungere lo scopo.
9. Diritto d’autore: ti senti tutelato? Cosa cambieresti?
Non ho un’opinione in proposito. Ci dovrei riflettere con calma.
10. Ci commenteresti la scena più importante del processo di scrittura del copione?
Per me la scena più importante di un copione è sempre il finale. Se il finale mi viene incontro in maniera emotiva, limpida, allora il film comincia mostrarsi e bussa per farsi raccontare. Non penso sia una cosa molto condivisa da altri, ma per me funziona sempre così. Anche in “Tubiolo e la Luna”.
Intervista a cura di Mario Olivieri Sinossi in inglese a cura di Claudia di Paolo e Mario Olivieri