La bambina
1. Alì, puoi farci un pitch della storia in poche righe? Com’è nato il film? E cosa ti premeva raccontare?
L’idea è nata da una combinazione di tre cose. Ho sempre qualche immagine nella mia mente, prima ancora della storia. Per anni ho avuto l’immagine di una ragazza che sta nascondendo una bambina in una valigia, ma non sapevo perché. Poi ho visto una foto che aveva pubblicato una mia amica su Facebook e tutto è cambiato. La foto mostra due ragazze, una seduta l’altra in piedi, tutte e due sono preoccupate. Mi ha colpito molto e ho salvato la foto sul computer e ogni volta che la guardavo mi sembrava di percepirci una storia dentro. Un giorno parlavo con un altra amica su Facebook – lei non è ancora sposata – e mi ha detto con un tono depresso: “Quanto mi piacerebbe avere una bambina”. Da questa frase è nato il mio film.
2. Quale peso dai all’elaborazione della sceneggiatura nella creazione dei tuoi film?
Prima di girare un film ho sempre bisogno di una sceneggiatura chiusa, ma in realtà questo significa solo conoscere la struttura principale del film perché poi cambio tante cose, ogni giorno, fino al giorno delle riprese. Quindi la sceneggiatura vera non la chiudo mai.
3. Scrivi sempre i tuoi film con un’altra persona, puoi raccontarci come lavorate insieme?
Ho scritto questo film con Farnoosh Samadi, la co-sceneggiatrice anche del mio “More than two hours” che è stato in Competition a Cannes nel 2013. Abbiamo una sensibilità comune e poi lei mi aiuta davvero molto in tutto il processo creativo.
Abbiamo alcune idee. Parliamo di queste idee e alla fine scegliamo la migliore. Lei scrive il primo draft. Io lo riscrivo poi di nuovo lei e così fino a che arriviamo al final draft.
4. Quanto cambia questo final draft sul set? E se è cambiato, per quali ragioni?
La struttura della sceneggiatura non è cambiata, ma come ho detto prima la sceneggiatura cambia fino al giorno di shooting. Le cose che cambiano di più sono i dialoghi: lo dico sempre ai miei attori di non memorizzarli perché poi io puntualmente li cambio. Qualche volta chiedo a loro cosa pensano di una scena, cosa direbbero se fossero veramente in quella situazione e così capita che i loro suggerimenti siano meglio di quello che avevamo scritto.
5. Sei iraniano e vivi in Italia da sei anni. Pensi che prima o poi potresti fare un film ambientato qui? E se sì, che tipo di film faresti?
Per ora dico che mi piace fare film che parlano della società e in particolare di quella del mio paese, dove il conflitto tra la modernità dei giovani e la tradizione degli anziani è ancora fortissimo. La verità è che ancora non conosco bene l’Italia e la cultura italiana, quindi non avrei mai il coraggio di fare un film ambientato qui. Quando vedo film sull’Iran fatti da uno straniero, vedo film brutti e poco sinceri. E penso che potrei fare anche io lo stesso errore. E quindi giro ancora storie iraniane.
6. Cosa pensi del mercato dei corti? Si tratta sempre ed unicamente di un trampolino di lancio per l’esordio sul lungometraggio oppure per te hanno un valore assoluto?
Si dice che il corto sia un esercizio per fare esperienza in vista del lungo o come dici tu, sia un trampolino di lancio. Ma secondo me è tutto vero solo in parte, perché un corto è corto solo per la durata: la serietà, la professionalità, il talento che richiede è enorme. È giusto forse che non abbiano lo stesso mercato dei lunghi, ma i corti hanno i loro fan nel mondo e per questo i grandi festival hanno sempre una sezione autonoma dedicata a loro.
7. Cosa ti aspetti da Venezia? Cosa pensi della situazione del cinema italiano di questi anni?
Aspetto di incontrare persone nuove e sì, anche di farmi nuovi amici. E di vedere bei film da tutto il mondo. Parlare di cinema italiano in breve è un po’ difficile ma io ancora penso che nella storia del cinema, quello italiano ha svolto un ruolo importante e per questo tutti aspettano di rivedere i grandi film come quelli degli anni 60 e 70. Con Sorrentino, Garrone, Alice Rohrwacker, i grandi film ci sono. Ma la verità è che, in questi anni che sono in Italia, non ho visto molti corti interessanti e sui lunghi ci sono tante, troppe, commedie. Io non ho nessun problema con la commedia perché voi avete una grandissima tradizione, ma siamo troppo lontani dalla generazione dei Monicelli, dei Risi, dei Comencini.
8. Quali sono i tuoi prossimi progetti?
Sto pensando ad un altro corto e ad un lungo, ma ancora non abbiamo cominciato a scrivere. Voglio aspettare Venezia, godermela e poi mi rimetterò al lavoro.
9. Ci regali la scena che ami di più del copione? Potresti anche raccontarcela brevemente?
C’e una scena nel film (eccola: scenaAsgari), che è stata girata proprio come la foto da cui tutto è partito. Ho cercato di scoprire dove fosse stata scattata la foto e ho girato la scena proprio lì. La madre è in piedi e fuma una sigaretta e la sua amica se ne sta seduta lì accanto e ha la bambina in braccio. Parlano di cosa possono fare per lei, la bambina. Poi l’amica chiede di passarle la sigaretta. La madre gliela passa. E continuano a parlare. E intanto la sigaretta passa di bocca in bocca.