Monitor
Manuela Pinetti ha scritto, con il regista Alessio Lauria, Monitor. Il film è stato presentato il 17 ottobre alla Festa del Cinema di Roma, nell’ambito della rassegna Panorama della sezione parallela Alice nella città.
Ciao, Manuela, ti sfidiamo alla solita prova di sintesi, il pitch di Monitor in quattro righe.
In un presente possibile, il monitor è la figura professionale che, all’interno delle migliori aziende, ascolta gli sfoghi anonimi degli altri dipendenti per aiutarli a lavorare e vivere meglio. Paolo è il monitor più abile della AMX ma, quando un dipendente tenta il suicidio, infrange le regole e si avvicina a una dipendente che sembra coinvolta nel fatto. L’azienda sarà poi davvero così perfetta?
Monitor l’hai scritto con il regista Alessio Lauria. Com’è nato il rapporto tra voi? Di chi è stata l’idea?
Io e Alessio ci siamo conosciuti nel 2010, frequentando il corso di formazione e perfezionamento per sceneggiatori Rai-Script; qualche mese dopo la fine del corso è uscito il bando della prima edizione del Premio Solinas Experimenta e visto che c’era l’intenzione di scrivere insieme ci siamo lanciati. L’idea del film è di entrambi, ed è nata durante un brainstorming. Siamo partiti da concetti inizialmente vaghi come la libertà e il controllo per poi affinarli sempre più. Ricordo poi lunghe chiacchierate su quante cose personali e intime ognuno di noi affidi spontaneamente ai social network: foto, pensieri, relazioni… brandelli di vita che non sapremo mai veramente dove finiranno e come verranno utilizzati. Il passo successivo è venuto quasi da solo: trasformare in una figura professionale una persona che sfrutta a fin di bene tutte queste informazioni rese liberamente dai dipendenti. Il bene, però, è quello dell’azienda.
Monitor è stato concepito per il digitale e ha vinto (insieme con Ipersonnia di Alberto Mascia e Enrico Saccà) il primo concorso Experimenta organizzato dal premio Solinas. Il concorso prevede una fase di elaborazione della sceneggiatura insieme con dei tutor. Raccontaci come è andata: quanti incontri avete fatto? Chi avete incontrato? Dove vi siete incontrati?
Per partecipare era necessario inviare un progetto per lungometraggio low budget, ovvero soggetto più note di regia. Superata la prima selezione si entrava in una short list, e da quel momento nel giro di qualche settimana bisognava inviare la sceneggiatura. Alla fine hanno vinto Monitor e Ipersonnia e io, Alessio, Alberto ed Enrico abbiamo iniziato due laboratori separati e paralleli, ogni coppia sul proprio film. Gli incontri non ricordo quanti sono stati ma posso dire che abbiamo iniziato che Roma era bloccata dalla neve e alla fine eravamo tutti a maniche corte. Oltre a me ed Alessio era naturalmente sempre presente Annamaria Granatello, presidente del Premio Solinas, e un numero variabile di sceneggiatori e registi (Isabella Aguilar, Stefano Sardo, Filippo Gravino, Ludovica Rampoldi, Guido Lombardi, Giuseppe Gagliardi…) e poi ancora la produttrice Ines Vasiljevic e Max Giovagnoli per l’aspetto transmediale del progetto. Funzionava così: ci sedevamo intorno al grande tavolo degli uffici del Solinas e ognuno metteva le proprie competenze al servizio della storia. Nella prima versione di Monitor c’erano potenzialità inespresse e qualche ingenuità. A volte le discussioni diventavano piuttosto accese, oppure si potevano creare fazioni a favore di un’idea. Ho vissuto il tutto come un privilegio: avere un team di professionisti che si mette a disposizione di una storia non sua è molto generoso, non capita ogni giorno. Spero che anche l’altro progetto, Ipersonnia, veda presto la luce. La storia è davvero bella e intrigante.
Come è cambiata la sceneggiatura dalla prima consegna al concorso alla fine del tutoraggio? Sono cambiamenti che vi hanno convinto? Quante versioni avete fatto?
Dalla prima all’ultima stesura la sceneggiatura è inevitabilmente cambiata, perché è la storia stessa ad essersi trasformata. Scrivere è riscrivere, recita il detto, ed è quanto mai vero quando si scrive un film. Credo che il numero finale delle versioni si attesti sulle tre o quattro, che corrisponde più o meno alla quantità dei cambiamenti più sostanziali che abbiamo fatto. La decisione finale su cosa mettere o meno nella sceneggiatura era sempre e soltanto mia e di Alessio. Dai tutor ci arrivavano suggestioni e suggerimenti, mai imposizioni.
Ci sono stati cambiamenti della sceneggiatura anche durante le riprese? Quali?
Durante le riprese c’è stata qualche modifica rispetto alla sceneggiatura, come è normale avvenga in ogni film. Credo molto nel fatto che la storia a un certo punto debba camminare sulle proprie gambe, e se il regista sente di dover cambiare qualcosa mentre gira deve poterlo fare. Nel nostro caso penso che le modifiche di portata maggiore siano state apportate durante il montaggio. Ho partecipato a qualche sessione e insieme all’ottima montatrice Desideria Rayner è stato cambiato, per dirne una, l’ordine di alcune scene.
Il vostro film è stato presentato alla Festa del Cinema e distribuito sulla piattaforma di RAI Channel che lo definisce un web movie… Ti piace questa definizione? Che ha di differente un web movie da un film per le sale?
Monitor è stato concepito fin dalla scrittura come un prodotto per il web, e questo penso che abbia influenzato in modo positivo me e Alessio, nel senso che abbiamo lavorato sentendoci più liberi e anche un po’ pionieri. Credo che i web movie siano una bella possibilità per tutti, non soltanto per gli esordienti. Recentemente poi mi domandavo come sarebbe andata se avessimo proposto questa storia per il cinema, perché non mi sembra che nel panorama italiano ci siano tutti questi film di genere distopico…
L’essere stati selezionati da Alice nella città/Panorama, la sezione autonoma della Festa del Cinema di Roma è sicuramente un’emozione grandissima, che ci permetterà anche di vivere l’esperienza della proiezione in sala, insieme con il pubblico.
Il budget del film è basso. Dai giorni della Mostra di Venezia stiamo rivolgendo a tutti gli scrittori la stessa domanda, nata da un’osservazione di Alberto Barbera: il low budget è un ostacolo alla qualità?
Credo fermamente che finché si è nella fase di scrittura ogni limitazione, anche quella economica, possa essere vista come un paletto creativo, un qualcosa che ti obbliga a imboccare strade alternative e a prendere in esame aspetti della storia che magari mai avresti considerato. Ma ciò che può far bene o benissimo al processo creativo può diventare un ostacolo nella realizzazione vera e propria: con un budget basso spesso tocca comprimere le settimane di set, oppure qualche location può risultare ardua da raggiungere. È difficile rispondere con un semplice sì o no a questa domanda, perché nella nascita di un film ogni fase ha esigenze diverse, e il low budget impatta in modo diverso con ognuna.
Il pubblico: si dice che il web sia lo spazio dei giovani… Avete tenuto presente questo elemento durante la scrittura, pensavate di dover piacere a un pubblico?
Non abbiamo pensato a un pubblico in particolare, non immediatamente almeno. Io personalmente cerco sempre di scrivere una cosa che poi mi piacerebbe vedere. Sicuramente abbiamo prestato molta attenzione alla chiarezza dei passaggi e sul rendere potabile la storia per un pubblico il più vasto possibile. È vero che il web è fruito per lo più dalle nuove generazioni, ma le cose stanno cambiando e il segmento degli spettatori che guarda prodotti distribuiti in rete si è ampliato, anche in Italia.
Il tema: il vostro è un film distopico, un ritratto del presente virato al negativo in un mondo che non esiste. Siete in buona compagnia, il tema dell’incomunicabilità – ancora più esasperato – è stato portato a Venezia da Equals. E’ un’operazione intellettuale o vivete davvero questa difficoltà nel nostro italico quotidiano?
Sicuramente nel quotidiano anche noi viviamo dei piccoli problemi di incomunicabilità. Abbiamo fatto precipitare queste esperienze nella storia di Monitor quindi sì, in un certo senso è anche un’operazione “intellettuale” e artistica, che ha però una matrice nella vita di tutti i giorni. La scelta del genere distopico ci ha permesso di raccontare una realtà che non esiste ma che è realisticamente possibile. L’invenzione ci ha dato libertà, la vicinanza al nostro quotidiano i punti di riferimento.
In ultimo, i diritti. Nel bando del 2011, Experimenta, chiede una cessione di diritti come co-produttore del film. Com’è andata? Dopo il premio di 15mila euro, avete ricevuto un ulteriore compenso per lo sviluppo della sceneggiatura, al momento della realizzazione?
I quindicimila euro erano destinati allo sviluppo della sceneggiatura, ovvero il lavoro dei tutor, alle prime prove di effetti speciali, e per creare la traccia del progetto transmediale. Quest’ultimo è stato poi realizzato dagli studenti dello IED Cinema e New Media supervisionati da Max Giovagnoli e alcuni dei tutor, tra cui Pasquale Di Viccaro per i VFX. Così il progetto era al massimo delle sue potenzialità quando l’abbiamo presentato a RAI CINEMA – che si era impegnata a produrre uno dei due progetti con un budget massimo di 200 mila euro.
Io e Alessio abbiamo ricevuto esclusivamente mille euro a testa dal Premio Solinas e una cifra simbolica al momento della firma del contratto con Marcantonio Borghese della Tea Time Film, una volta che Monitor è andato in produzione. Tea Time Film ha dovuto far quadrare i conti, ed io ed Alessio abbiamo accettato volentieri.
Dunque il vero premio che abbiamo vinto è stata l’esperienza di sviluppo all’interno del laboratorio creativo del Solinas e la realizzazione del film.
Il concorso ti ha dato visibilità, ti è servito per iniziare una carriera? Hai altri progetti?
Indubbiamente l’aver vinto il Premio Solinas-Experimenta mi ha dato visibilità, una possibilità di ascolto in più. L’esperienza più inaspettata è stato tenere un corso sullo scrivere di fantascienza e distopia alla Scuola Holden di Torino. Attualmente ho in lettura un paio di soggetti per lungometraggio e un progetto per serie tv, e quest’estate ho terminato la stesura del mio primo romanzo.
La WGI è nata per difendere la categoria degli scrittori di cinema, tv e web. Come sceneggiatrice in che cosa vorresti che si impegnasse?
Sono stati fatti molti passi avanti nella tutela degli sceneggiatori, ma accade ancora troppo spesso che i diritti, anche i più basilari, vengano calpestati. A volte, anche se si è firmato e onorato un regolare contratto, non si viene pagati ed è necessario affidarsi a un avvocato. Mi piacerebbe che la WGI si impegnasse maggiormente nel cercare di ottenere garanzie che proteggano il lavoro di chi scrive.
E’ quello che effettivamente facciamo, con il Garante, per i nostri iscritti. In bocca al lupo e grazie, Manuela.
NOTIZIE A MARGINE
- Il premio Solinas Experimenta ha avuto una seconda edizione nel 2014. Qui l’elenco dei vincitori. comunicato-premiazioneExperimenta. La terza edizione non è stata ancora annunciata.
- Enrico Saccà, socio WGI, e Alberto Mascia, dopo aver ricevuto lo stesso simbolico premio/compenso e seguito lo stesso percorso formativo di Manuela, sono rientrati in possesso dei diritti di Ipersonnia insieme ai bozzetti in 3D delle scenografie, un preventivo per gli effetti speciali, uno scouting di location reali sfruttabili e pure un progetto dello IED per il lancio promozionale.