In bici senza sella
Presentato alla festa di Roma nella sezione Kino Panorama di Alice nella città, “In bici senza sella” è un film a episodi che affronta il tema del lavoro precario giovanile. Sei episodi, firmati da dieci sceneggiatori e realizzati da sette registi. Il film, finanziato anche tramite crowdfunding, è stato prodotto da Tandem Film Production, in collaborazione con Amaro e Tranchese Produzioni. Abbiamo incontrato quattro membri di questo collettivo di autori: Elettra Raffaela Melucci, co-sceneggiatrice dell’episodio “Il Santo Graal”; Giovanni Battista Origo, co-sceneggiatore e regista dell’episodio “Il Santo Graal”; Aldo Alatri, sceneggiatore dell’episodio “Il posto fisso”; Sole Tonnini, co-sceneggiatrice e regista dell’episodio “I precari della notte” e regista dell’episodio “Il posto fisso”.
Domanda d’obbligo per la WGI: raccontateci il pitch del film, l’idea in poche righe…
Elettra Raffaela Melucci: L’idea alla base di “In bici senza sella” è raccontare il precariato giovanile attraverso lo sguardo di giovani precari in maniera dissacrante e agrodolce, per non affondare le poche speranze rimaste a galla.
Giovanni Battista Origo: L’idea è quella di raccontare la complicata condizione del lavoro precario in Italia attraverso il punto di vista del precario stesso in un’ottica ironica e amara allo stesso tempo.
Aldo Alatri: Episodio “Il posto fisso”: Pietro e Paolo, dopo mille lavori e lavoretti, vengono a sapere che una multinazionale sta organizzando colloqui per un posto di lavoro, ma non si tratta di un posto di lavoro qualsiasi, ma un posto fisso! Un vero e proprio miraggio!… I due dovranno affrontare numerose prove per vincere la concorrenza degli altri candidati, finché giunti al colloquio avranno un’altra sorpresa….
Sole Tonnini: È la visione grottesca di un’ossessione che viviamo fin dall’adolescenza sulla difficoltà che abbiamo nel nostro Paese di trovare un lavoro; un fantasma che ci accompagna da sempre.
Qual è stata la genesi del progetto?
Aldo Alatri: Creare un film a basso budget, che denunciasse la piaga del precariato, partendo soprattutto dalla forza delle idee. Noi autori oltre a proporre storie per i singoli episodi del film, ci siamo trovati anche a condividere e scambiare idee e i progetti di episodi del film non nostri in prima persona, con uno spirito quasi “fraterno”… I testi diventavano specie all’inizio, nella fase di creazione dei soggetti, delle vere e proprie tavole rotonde, senza gelosie, con consigli e scambi di opinione molto proficui , perché il vero obiettivo era quello comune del film. Un’esperienza da ripetere, perché dà modo di confrontarsi sul “campo” con i colleghi…
Sole Tonnini: L’idea nasce da Alessandro Giuggioli col quale abbiamo dato vita al film: sentivamo la necessità di raccontarci in un unico grande progetto a più voci, a più sguardi. Il primo episodio realizzato con fatica ma grande entusiasmo è stato “I precari della notte “ di cui firmo la regia con Gianluca Mangiasciutti. Un pioniere di questo progetto che si chiude con un altro mio episodio: “ Il posto fisso” che ho girato da sola.
Come mai avete scelto un formato così peculiare?
Elettra Raffaela Melucci: Il formato “a episodi” è il modo più tradizionale per dare forma e sostanza a punti di vista differenti rispetto allo stesso tema. La tradizione della commedia all’italiana ce ne dà felicissimi esempi e rifarsi a questo modello è anche un modo per omaggiare chi di commedia ci ha sfamati con maestria.
Giovanni Battista Origo: La struttura a episodi è tradizione della commedia italiana. Permette di analizzare un tema da più punti di vista, in maniera sfaccettata e coerente, senza essere legati al concetto di drammaturgia da “lungo” che in certi casi vincola e comprime.
Aldo Alatri: L’idea è stata di Alessandro Giuggioli, la vera anima del progetto e quando me l’ha proposta mi sembrava avvincente, perché coniugava sia esigenze produttive/organizzative, sia di contenuti, dandoci l’opportunità di sviscerare e realizzare tante idee diverse, tutte sullo stesso mondo, tante facce e sfaccettature della stessa medaglia. I film a episodi oggi sono più rari, ma tutti noi abbiamo sempre davanti agli occhi il capolavoro di Risi, “I mostri”…
Sole Tonnini: I grandi film italiani degli anni 60 erano film ad episodi ( penso a “ I mostri” di Risi), erano il rovescio della stessa medaglia. Abbiamo raccontato il mondo del lavoro da diversi punti di vista , quelli degli autori e delle storie.
L’idea di interpellare più sceneggiatori è venuta subito?
Sole Tonnini: Il film nasce corale, con la volontà di mettere insieme diversi autori, registi e creare una sorta di factory alla Roger Corman, perché di fatto l’unione fa a forza e la dimostrazione è che oggi riusciamo ad essere al cinema.
Giovani precari. È da Tutta la vita davanti che se ne parla. Se ne parlerà ancora a lungo?
Elettra Raffaela Melucci: Magari no, probabilmente sì. È un tema paradossalmente trasversale; raccontarlo in questo capitolo storico così delicato costituisce anche un modo per siglare alcune linee di forza delle giovani generazioni che cercano di tenersi a galla nonostante la zavorra cerchi di portarle a fondo. E ancora, raccontare il precariato è un atto di denuncia, in questo caso dissacrante, delle responsabilità di chi ha tratteggiato questo panorama desolante e delle conseguenze che si vivono muovendosi al suo interno. C’è comunque, a mio avviso, da fare ammenda: il demerito della situazione sta sì dalla parte dei “grandi” che hanno posto le basi di un quadro socio-economico così difficile, ma a lungo andare dilagherà anche dalla parte di noi giovani se la denuncia rimarrà solo tale, se verrà a mancare un atto di forza (metaforico) che ribalti il danno.
Giovanni Battista Origo: Il problema alla base è il concetto del lavoro che è andato negli ultimi decenni verso un’annunciata deriva socio-economica. Credo che la domanda che i giovani e i non giovani debbano porsi sia se questa struttura sia eticamente e socialmente accettabile. Se la risposta è sì, allora se ne parlerà per sempre.
Aldo Alatri: Ormai è la realtà del Paese… Oggi il lavoro a tempo indeterminato non c’è più, c’è quello a tutele crescenti, ma rappresentano solo il 17% delle nuove assunzioni, il resto sono tutti a tempo determinato e voucher!… Tutto il mondo è precario, non solo l’Italia e non solo dal punto di vista lavorativo, ma storico, politico sociale… Per cui figuriamoci. Stiamo assistendo dopo decenni di stabilità all’instabilità continua. Oggi la precarietà è la regola.
Sole Tonnini: Purtroppo se ne parlerà ancora e a lungo, e forse ci si abituerà alla mobilità. La fantasia a questo proposito sarà stimolata … e come per i protagonisti dei nostri episodi, si cercherà di trovare la soluzioni “fantasiose” al problema lavoro.
Avete altri progetti in cantiere insieme?
Elettra Raffaela Melucci: Al momento no, ma mi auguro che in un prossimo futuro si possa ricostituire la fortunata sinergia che ci ha portato a questo bel risultato.
Giovanni Battista Origo: Ancora no, ma sarebbe interessante continuare una collaborazione.
Aldo Alatri: La nostra è una società in continua trasformazione, che dà molti spunti, di conseguenza i progetti sono tanti, ma intanto vediamo come va questo… Un passo alla volta…
Sole Tonnini: Sarebbe molto bello continuare un discorso collettivo anche se questo esperimento resta unico e irripetibile a mio avviso… Per quanto mi riguarda sto lavorando ad un mio lungometraggio.
È stato difficile conferire una continuità ai 100 minuti?
Elettra Raffaela Melucci: Il tema è talmente tanto magmatico e cocente che la difficoltà, a mio avviso, si è paventata più volte. Ma a risultato compiuto mi accorgo che la continuità dei 100 minuti è stata raggiunta in maniera più che soddisfacente, come evoluzione naturale degli episodi stessi.
Giovanni Battista Origo: Col senno di poi direi di sì ma, guardandomi alle spalle, mi rendo conto che tutto è nato con grande naturalezza e armonia.
Aldo Alatri: Il tema degli episodi era sempre lo stesso, quello del lavoro e del precariato, per cui la continuità era data dal tema appunto. Poi abbiamo pensato all’escamotage di Radio precaria, ma per maggiori info girerei anche questa domanda ad Alessandro, perché io mi sono occupato principalmente dell’episodio “Il posto fisso”…
Sole Tonnini: All’inizio abbiamo cercato di trovare diverse soluzioni per legare i vari episodi, che poi non necessariamente avrebbero avuto bisogno di un filo conduttore dato l’argomento trattato… i film a episodi sono film a episodi. Nel nostro caso la soluzione è venuta da “I precari della notte “e dalla speaker di radio popolare che come “ spettatrice nascosta” ci accompagna in questo viaggio.
Pensate che la nuova società di distribuzione che riunisce Sky Italia, Cattleya, Italian International Film, Indiana, Wildside e Palomar spezzerà il duopolio 01/Medusa?
Elettra Raffaela Melucci: Immagino che la concorrenza al duopolio 01/Medusa possa essere un bene per il mercato cinematografico italiano. Laddove c’è concorrenza c’è anche diversificazione. Mi auguro che questa diversificazione sia produttiva e innovativa e che non diventi, però, solo un’altra trust del panorama italiano. Credo che vadano fissati degli obiettivi precisi, che si scommetta sulla novità e si punti a generare un amalgama perfetta tra qualità, innovazione e competitività, a prescindere dalle lotte di mercato.
Giovanni Battista Origo: Me lo auguro. Non per un discorso “interessato” ma dato che dal dopoguerra a oggi si sente parlare di libero mercato e autoregolazione della concorrenza mi piacerebbe, al di là delle ideologie, assistere a questa, purtroppo ormai non scontatamente fisiologica, trasformazione. Altrimenti potremmo parlare, senza nulla togliere ai meriti delle produzioni succitate, di feudalesimo culturale.
Aldo Alatri: Diciamo che io sono per le commedie corali… Più sono gli attori in scena e meglio è… Più è la concorrenza, migliore è il mercato, questa è la regola…
Sole Tonnini: Parliamo di grandi società che sono sul campo da molti anni. Speriamo invece che anche i distributori più piccoli possano avere uno spazio e dare visibilità a progetti piccoli ma belli.
Pensate che la categoria degli sceneggiatori sia sufficientemente tutelata? Se no, quali dovrebbero essere i primi passi?
Elettra Raffaela Melucci: Devo ammettere di non essere sufficientemente preparata per rispondere alla domanda. È una questione che mi sta a cuore e che spero di affrontare direttamente. Posso dire che probabilmente c’è scarsa attenzione verso il settore sceneggiatura perché spesso considerato più un hobby che un mestiere vero e proprio e, naturalmente, questo porta a trascurare la tutela, anche solo sindacale, della categoria. Forse il primo passo da compiere è riconoscere la sceneggiatura come mestiere e sensibilizzare anche l’opinione pubblica a questo indirizzo di pensiero.
Giovanni Battista Origo: È un campo in cui mi sto affacciando da poco. Credo che non esistano tutele adeguate per il settore, così come non esiste un reale investimento nelle nuove leve. Se vogliamo vedere il lato positivo di questo quadro, posso dire che il panorama odierno va a stuzzicare quella fame e quell’urgenza che porta un ragazzo a voler a tutti i costi perseguire i propri obiettivi.
Aldo Alatri: Penso che in questo momento, tutti i lavoratori (compresi artigiani e piccoli imprenditori) andrebbero tutelati di più… D’altronde abbiamo scritto un film sul precariato, mostrando proprio questo (vedi “Il parassita” ad esempio)…
Sole Tonnini: Grazie all’associazione dei giovani autori si sta cercando di tutelarne il lavoro.
Nel film registi e sceneggiatori coincidono per buona parte degli episodi. Credete sia possibile aspirare a un modello di showrunner all’americana?
Elettra Raffaela Melucci: Credo di sì, ma mi accorgo che tra gli Stati Uniti e l’Italia corrono dinamiche produttive diverse che, a loro volta, generano figure professionali diverse. Ad ogni modo, se il modello è valido ed esportabile spero attecchisca presto anche in Italia, nel totale rispetto delle diverse figure professionali, anche perché l’Italia ha bisogno di una grossa rivoluzione nel settore dell’intrattenimento, che sia qualitativa o produttiva.
Giovanni Battista Origo: Lo auspico. Non credo possa definirsi un paradigma assoluto, però bisognerebbe sensibilizzare il mercato a questo tipo di esperienza.
Aldo Alatri: Non saprei. Tra l’altro nel mio episodio, io e Sole Tonnini (la regista) abbiamo lavorato benissimo, ognuno nel rispetto dei proprio ruoli.
Sole Tonnini: Un po’ lo si sta facendo nella lunga serialità, dove spesso i registi mettono in scena il lavoro degli sceneggiatori.
Nel film si parla di precarietà giovanile ma non solo. Si ha l’impressione che lo scontro generazionale sia meno intenso, penso soprattutto a “Il parassita”. Siamo tutti sulla stessa barca?
Elettra Raffaela Melucci: Adesso come non mai. I confini generazionali si sono dissolti molto tempo fa. Credo più che altro che lo scontro sia rintracciabile tra le fasce sociali, perché purtroppo ci sarà sempre chi è più e chi è meno tutelato, e questo abisso sta diventando sempre più profondo. La differenza tra generazioni sta forse nel vettore temporale: un giovane ha più strada da macinare e all’orizzonte molte più nubi da “contemplare”, mentre chi ci ha preceduto ha potuto godere di qualcosa di buono. Comunque la mia lettura non è pessimista, sono fiduciosa che la contemplazione delle nubi si possa trasformare in lotta per un diritto. Il dramma, piuttosto, sta nel fatto che per un diritto inalienabile ci sia bisogno di lottare.
Giovanni Battista Origo: La situazione odierna sembra aver messo la parola fine al concetto di “lotta di classe”. In realtà credo che semplicemente si siano assottigliate certe differenze sociali e si sia contemporaneamente creato un abisso tra i tanti e i pochissimi. Questo fenomeno porta sia a una naturale solidarietà tra la vecchia generazione e la nuova ma anche a feroci scontri sociali e razziali, trascinando una delicata situazione sociale in una guerra fratricida tra ultimi.
Aldo Alatri: Come ho detto prima la crisi economico riguarda tutti, lavoratori dipendenti come imprenditori, liberi professionisti, artigiani. Non parlerei quindi per fasce di età. Tra l’altro anche molti pensionati non se la passano bene con pensioni intorno ai 500 euro se non meno…
Sole Tonnini: Direi di sì.
La realtà è negativa come la rappresentate? O forse anche peggiore perché priva della vostra ironia?
Elettra Raffaela Melucci: Secondo me la realtà è anche peggio e lo è ancora di più quando diventa oggetto di manipolazione e degradamento, quando diventa la materia molle, malleabile e soprattutto impermeabile delle trame di presunti deus ex machina che decidono per il nostro conto. Con questo non voglio dipingere le giovani generazioni, delle quali faccio parte, come un ricettacolo di vittime di un sistema più grande. Come ho detto prima, le responsabilità, in un modo o nell’altro, risiedono da entrambe le parti. Ma ho l’impressione che questo presunto “mostro” sia diventato talmente tanto grande e palese da non essere più riconosciuto, come se fosse un’ovvietà trascurabile. E invece bisogna parlarne ancora, e ancora e ancora, e far sì che tutto questo parlarne diventi qualcosa di ancora più grande del mostro, fino a soffocarlo e liberarcene una volta per tutte. Questo significa parlare di precariato.
Giovanni Battista Origo: La realtà a mio parere è anche peggio. La maggior parte degli episodi racconta la nostra allargata generazione di precari borghesi che sono attualmente le vittime, nostro malgrado, di questa società; ci siamo trovati con l’acqua alle ginocchia nonostante le promesse e le speranze di chi ha timonato le logiche del lavoro. Sotto i nostri piedi c’è una massa di persone giovani e non giovani che l’acqua l’hanno sempre avuta alla gola, che vivono da non privilegiati il dramma quotidiano della sopravvivenza.
Aldo Alatri: La realtà è che in Italia i poveri aumentano sempre più. È di qualche giorno fa il rapporto della Caritas in cui gli italiani sono tanto poveri quanto gli immigrati e che al Sud i giovani sono i più poveri di tutti. E quando non arrivi a fine mese, quando lavori, ma i soldi che guadagni non ti bastano nemmeno per arrivare a metà mese e magari hai figli da mantenere, allora l’ansia ti attanaglia tutti i giorni, per tutto il giorno… Nel nostro film abbiamo cercato di denunciare un aspetto peculiare del mondo del lavoro, quello dei precari e di farlo con ironia appunto e anche con un pizzico di ottimismo (perché in un modo o nell’altro i nostri protagonisti alla fine ce la fanno…) senza minimizzare la realtà che per alcune fasce della nostra società è ancora più cruda di quello che abbiamo mostrato noi… Sta anche nello spettatore poi capire le conseguenze che porta un mercato del lavoro così precario…
Sole Tonnini: Sì, lo è.
Avete in parte finanziato il progetto col crowfunding. Pensate sia una strada destinata a prendere piede in Italia?
Elettra Raffaela Melucci: Il crowdfunding è una felicissima esperienza che testimonia la solidarietà delle persone verso un settore indebolito come quello delle arti visive e soprattutto il desiderio di bello e di nuovo. Ma deve rimanere, appunto, solo un esempio, non deve diventare una prassi. La cultura è un diritto che dovrebbe essere garantito, e il crowdfunding dimostra questa domanda sempre più diffusa.
Giovanni Battista Origo: Speriamo di no. Speriamo che questa intelligente forma di solidarietà popolare possa essere il felice esempio di resistenza culturale, e speriamo che le istituzioni prendano esempio da questa voglia di “bellezza” e con coraggio ne faccia esperienza.
Aldo Alatri: Non saprei, ma ogni strada è buona purché si finanzino nuovi film, soprattutto se “indipendenti come il nostro”…
Sole Tonnini: Siamo il primo vero esempio di film fatto col crowfunding… e ripeto il primo… non certo l’ultimo.