Totem
Bollettino n. 5/22
Le finestre alte e tristi. Pensate per catturare il demone del gioco fanno intravedere un mare stanco, quasi rassegnato.
È caldo. Ancora. Le bandiere sbatacchiano senza entusiasmo.
Nel piano alto di quello che fu il Casinò si muovono figure impalpabili, tra moquette bancaria e sedie per ospiti indesiderati (cit).
Prima della Mostra il nuovo potere si Mostra.
Cinecittà e Academy dialogano di progetti comuni. L’antico e vuoto casinò in cui siamo ricorda davvero troppo la Las Vegas sfatta e senza ideali di Elvis. E proprio qui sfila la nomenclatura dell’entertainment. Chissà se se ne sono accorti. Chissà se tutto questo è stato pensato da qualcuno. Se è stato scritto.
I totem, a volte, si manifestano per germinazione spontanea. Questo palazzo è rimasto, ad oggi, l’obelisco della piazza cinematografica italiana.
Il cinema sa sempre costruire nuove iconografie. Perché il cinema mangia, divora destini. Per poi costruirne altri.
Lampadari importanti, degni di un sontuoso Overlook Hotel, incombono sulle teste di tutti i presenti.
La discussione prosegue. Il panel è sui valori del cinema.
Spicca, sullo sfondo del palco, il simbolo di una nota carta di credito.
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Avevamo scritto che ne avremmo riparlato ed eccoci a riparlarne. L’Academy of Motion Picture Arts and Sciences è stata invitata per la prima volta ufficialmente alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica della Biennale di Venezia, in occasione del 90° anniversario della manifestazione.
Cinque giorni fa, prima che tutto iniziasse, si è tenuto un incontro al Casinò sul tema: “i valori del cinema nella società globale”
Presenti: il Presidente di Cinecittà, il Presidente della Biennale di Venezia, il Country Manager Italy di Mastercard, l’Amministratore Delegato dell’Academy, l’Amministratore Delegato di Cinecittà, il Direttore Artistico della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica.
Barbera rivendica il maxi lavoro di selezione per i film che – spesso – cominciano a Venezia, alla Mostra, il percorso che li porterà verso la conquista di un Oscar. Merito del periodo dell’anno, certo, ma anche del saper cogliere le caratteristiche adatte. Le caratteristiche sono (principalmente e sommariamente, in queste brevi righe) il saper attirare una certa critica, un “adeguato riscontro al botteghino” e altro. (n.b. Barbera, insomma, parla da Direttore di un grande festival che ha trovato la propria particolarità nel “piazzarsi” in un certo modo. Della specifica e presunta anima da Biennale d’Arte non c’è più accenno. Sarà che è un dato di fatto scontato, sarà che gli interlocutori vengono dai piani altissimi di Hollywood – o chissà). Questo risultato, indubbiamente riassunto nell’alto numero dei film vincitori di Oscar presentati a Venezia, il Direttore lo rivendica grazie alla totale autonomia di giudizio da parte della Mostra. (n.b. messaggio rivolto fuori e dentro la Mostra: Cinecittà ha appena acquisito potere sulla Biennale)
L’Academy – tramite il neo Ceo Bill Kramer – dice di volersi aprire al mondo. Academy ha bisogno del Festival. E il Festival ha bisogno di Academy. (n.b. è una indiretta risposta ad una domanda su Netflix e le piattaforme? È un’indiretta ammissione di dover correre ai ripari?)
Barbera finisce con una nota che stona in tanta ostentazione di successo: il pubblico. E’ svanito, dice. E lo dice serio, severo, grave: “La Covid sicuramente pesa. Si è impigrito? Si è disaffezionato?”. Barbera poi continua a parlare: parte la Mostra, la maschera da indossare è quella dell’ottimismo.
È in questo preciso momento che colgo di essere all’interno di una cattedrale, dai soffitti smisurati.
La cattedrale di un rito che ancora si fatica a decifrare quale nuova piega prenderà.
“E’ chiaramente un periodo di transizione” chiude infine Barbera. Poi si alza. Sorride a tutti. E si muove tra le misure fuori scala dell’edificio, passando davanti a preziosi mosaici liberty, vestigia di antichi splendori, forse passati per sempre.
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L’ora dei fantasmi spettina il mondo dei vivi. Com’è giusto che sia.
Il groppo di vento e grandine ha bussato sugli scuri veneziani nel cuore della notte – quando i sogni son profondi. Quando le forze speciali compiono le operazioni. Quando sei scoperto.
Il radar faceva il vago. Pixel che compaiono e scompaiono su schermi tenuti in mano come fossero candele.
Non la vedi, nella notte, la pioggia. Ma c’è. Il radar la scova.
Sarebbe da usare un radar per il pubblico da sala del Cinema.
Barbero ha calato solo su questo punto la voce, nel panel organizzato con l’Accademy di Hollywood. Certo, il business. Certo, Netflix, Amazon, Disney e altre. E pure grazie, grazie Netflix, grazie piattaforme per aver dato la possibilità a molti di fare le proprie opere. Ma noi qui parliamo del virtuoso rapporto tra Mostra del Cinema di Venezia e circuito degli Oscar. Uno aiuta l’altro.
E l’eco nelle sale enormi e ancora vuote sembrava rotolare sulle pareti mosaicate, sulle colonne di marmo altissime, come sentinelle impettite di una fortezza abbandonata.
Torneranno, un giorno, gli abitanti di questo ex Casinò, a metà tra la Las Vegas di Elvis e l’Overlook Hotel. E quel giorno è oggi. E gli abitanti sono chi il Cinema lo pensa e lo scrive, chi lo costruisce, lo fa – e poi chi lo racconta. Anche chi lo guarda e basta.
Appunto, il pubblico.
Tornerà prima o poi a riaffezionarsi al giro al cinema, alla poltrona in cui sprofondare, allo schermo gigante. Quella magica sproporzione tra l’occhio di chi guarda e l’occhio enorme, incombente sullo schermo.
Tornerà il pubblico.
Un giorno.
E domani è un altro giorno
Andrea Vernier
Inviato WGI a Venezia