Il bollettino dello scrittoreVenezia

Sguardi 2

Bollettino n. 10/22

Andrea Vernier,  sceneggiatore e socio della Writers Guild Italia, osserva e vive anche quest’anno, dal nostro particolare punto di vista di scrittori, gli eventi della 79. Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia (31 agosto – 10 settembre 2022)

(segue da Sguardi. Bollettino n. 9/22)

Per quanto possa essere fragoroso, un evento è pur sempre un fatto. A cui seguono altri fatti. Questo è l’inevitabile corso delle cose. Le priorità si accavallano e la vita pratica impone le sue scelte. Dunque la narrazione della mostra si è presa una inevitabile pausa. Ma ora è tempo di riprendere i discorsi, perché la Mostra ha chiuso le sale, ma non ancora la sua narrazione.

Questo è il resoconto di due incontri davvero interessanti, avvenuti sabato, mentre il cerimoniale impostava le premiazioni e i camion cominciavano ad avvicinarsi alle strutture, per cominciare a smantellare il circo.

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Viaggiare è per definizione sia un avvicinamento che un allontanamento […] Mi chiedo se il senso del viaggio
non sia in fondo più nel tornare, dopo aver preso le distanze per vedere meglio, o semplicemente per potere vedere.

Wim Wenders, L’atto di vedere

Questa la citazione che Barbera, Direttore artistico della 79. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica, Ha posto quest’anno all’inizio del suo intervento di presentazione.

Andare per poi tornare. Il viaggio verso le idee. Il viaggio per poter trovare o ritrovare idee. Il ritorno per restituire ciò che si è trovato nell’andare.

Oggi non si capisce se per me è il momento del ritorno a terra, dopo aver viaggiato nell’iper spazio, o al contrario è il momento del distacco dal pianeta madre per addentrarsi nella giugla del quotidiano. Dove si diriga il viaggio è quello che ognuno di noi, probabilmente, si chiede oggi.

Sul piazzale antistante l’Overlook Hotel, sul lungo mare, nei chioschi sparsi nel verde; ovunque si respira aria da smobilitazione. Ma ancora non è finita.

“Ok tutto, ma il problema della sostenibilità esiste: chi vede ‘sta roba?”

Lei, la donna della macchina, in un ruolo chiave dell’intera organizzazione Biennale di Venezia – e dunque con uno sguardo che ben coglie le dinamiche della Mostra, ma non solo – si materializza all’improvviso, sorprendendomi. Comincio ad attribuirle poteri magici. Eravamo stati interrotti – dalla solita emergenza del momento. Ora vogliamo riprendere il filo. Il bar è tutto per noi. La Mostra è praticamente finita. Oggi è solo passarella per i vincitori. Qualche sparuto cinefilo si affretta a vedere gli ultimi scampoli di idee, narrazioni, formati. Per dire, oggi ci sarebbero collezioni di corti e poi, per chi riesce, addirittura un Renoir…

La sala vuota, scarna e fredda del bar, tutto specchi e marmo è un invito all’essenza. Bando ai fronzoli; questo marmo è un obitorio. Cominciamo l’analisi di ciò che è arrivato sul nostro tavolo.

“I soldi ci sono. Vengono realizzati 250 film all’anno. Forse… forse allora mancano le idee”. Mi fulmina con il suo sguardo. Non sta domandando. “Il Direttore lo aveva detto e mi sembra che si sia visto” (n.b. Barbera il 26 luglio: “Durante la pandemia la produzione italiana è esplosa con 250 titoli, ma non mi sembra che la quantità vada di pari passo con la qualità delle proposte. L’urgenza di mettere mano alle generosissime risorse economiche ha fatto sì che si lavorasse con troppa fretta, penalizzando il necessario sviluppo dei lavori. Il risultato è una quantità di film difficilmente assorbibile dal mercato e molto al di sotto della qualità accettabile».)

Dopo la stoccata apre quel sorriso extralarge capace di reggere qualunque cerimoniale “Sai che io non sono specifica della sezione Cinema, vero…” Si, certo, so. Ma va bene. E’ quel che cerco – il suo sguardo laterale.

Non ho nemmeno fatto a tempo ad accennare un assenso che è ripartita. Ha tempi di reazione da pilota di caccia. “Io noto che manca attenzione a chi ti guarda” “beh, forse è come se…” “E’ come se fossero tutti dei tiktoker! Perché si parlano addosso. La banalizzazione dell’algoritmo – che sceglie per te. Capisci? Tutti sono protagonisti. Tutti! E il problema è la banalità. Ma chissenefrega di cosa mi è successo oggi! E invece no: è tutto un oggi mi è successo questo e quello…. Si raccontano storie che non interessano a nessuno. A volte mi sembra proprio che non abbiano chiaro neppure un inizio e una fine…” E’ andata come un treno. Si ferma. Il suo sguardo da indagatore del fuori si sposta di nuovo su di me. Sorriso a 32 denti. Io annuisco: “Si, ok, non sei del settore…” “Ci siamo capiti”. Mi è andata bene. Non si sa mai. Siamo pur sempre nell’obitorio dell’Overlook Hotel. Mi lancio: “L’industria dell’Arte è anche lei in crisi perenne, strutturale, come lo è il cinema da tempo ormai memorabile?”

Quello sguardo fulminante.

“Parli di industria dell’arte. E questo mi spaventa. Perché non hai detto una cosa assurda. Eppure è assurdo. Industria dell’arte è un controsenso. Qua ormai… chi vuole contare va a farsi vedere che compra… Non è ‘bello’, ma ‘quanto vale e quanto varrà…’” E’ scoraggiata. Rilancio.

“Il Cinema ha vissuto l’interessante esperienza nata attorno al Sundance Film Festival – come risposta allo strapotere (economico e di contenuti) delle major – dove si è organizzata un tipo di ‘industria’ diversa, in scala minore ma sempre significativa, con una caratteristica: la consapevolezza. Insomma, potrebbe essere quella una soluzione: cercare di avere un’industria consapevole…” “Si, la consapevolezza è proprio un problema. Consapevolezza che le persone devono guardarlo, questo cinema. Viverlo. Troppi film mi fanno stare fuori. Non mi coinvolgono.” Mentre parla, gradualmente si accascia sul tavolo.

“E l’arte per l’arte?”  La butto lì.

E’ uno start. Scatta dritta come un fuso sulla sedia.

“Oggi ho visto un corto norvegese stupendo. Di otto minuti. Era e aveva tutto: era un racconto, ed era anche arte per l’arte. Una folgorazione!”.

Si è rianimata. Ha come ritrovato la benzina che la fa procedere: le idee belle. Però la pausa che segue non promette bene. Una fiammata sola. “E quindi? Come la vedi: il cinema è irriformabile?”

“Il cinema è necessario. Scrivilo bene: NECESSARIO!”

E’ tornata completamente padrona del campo. Lo sconforto ha lasciato il campo a ciò che pulsa vita. “E’ necessario perché, comunque sia, ti aiuta, sempre, a scoprire. A scoprire qualcosa. Perché il cinema qualcosa ti lascia sempre”.

Ora muove la testa e quella criniera di riccioli la fa assomigliare ad un Leone. Ovviamente, il leone della Biennale.

“Le arti hanno tutte – continua –qualcosa di potente. Per esempio la danza. A volte mi sono addirittura trovata a respirare assieme a chi stava danzando. Capisci? Assieme. Davvero! Per dire quanto ti sa dare… e il teatro? Ha prodotto idee incredibili, spunti eccezionali… la capacità di raccontare; l’esserci e non esserci nello stesso momento… insomma ci sono tante forme di arte vitali… “

Ora zampilla vita dagli occhi. E allora ci riprovo: “E il cinema italiano?”

Vaga con lo sguardo come a cercare fuori dalla sala del bar. Cerca le parole.

“Forse manca una testa. Una capacità di indirizzo. Troppi soldi? No, sai cosa; forse mancano i produttori. Qualcuno capace di dire ‘questo no’”.

E, di nuovo, silenzio. Niente più zampillare. Si è spenta. Quasi rassegnato, rilancio: “E allora, che futuro…”

“Il futuro è sempre interessante!” mi fulmina, raggiante. Questo è il suo pane quotidiano, il suo ossigeno. “Si, il futuro è proprio interessante. Vorrei che non si smettesse mai. Di fare la Biennale. Di fare i film. Di fare la Mostra”.

Pausa. Ci sono pause e pause. Si capisce se stai cercando di capire come non far male. Oppure se stai caricando la catapulta – perché hai tantissimo da trasmettere. Lei sta caricato.

“Noi dobbiamo salvaguardare e difendere la Biennale. L’unica istituzione al mondo che si occupa delle arti. Christoph Waltz in conferenza stampa è stato categorico: Dobbiamo salvaguardare e difendere chi si occupa di Arte, Danza, Architettura, Musica, Teatro. E anche Cinema. Capisci? Detto da lui. E anche Cinema. Lui ha capito. E si è commosso mentre lo diceva. Io ero lì, a sentirlo. E mi sono commossa anch’io”.

Neanche fosse una scena scritta, toccato il climax emotivo, lei con gli occhi lucidi, la chiamano per un’urgenza. Ci sono le premiazioni, il tappeto rosso, etc etc. Lavoro. Il Leone si alza di scatto e sparisce, in una nuvola di ricci, tra i marmi cinerei dell’obitorio. Per terra le braci del discorso di Waltz ancora ardono.

Così cerco l’intervista. Vado nel sito della Biennale. Non la trovo. Poi capisco dove possa essere; la cerco e la trovo.

E’ su Instagram.

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(continua nel prossimo bollettino. Sguardi 3)

Il bollettino dello scrittore – I report dell’inviato di Writers Guild Italia (WGI) dalla 79 Mostra internazionale d’Arte Cinematografica (31agosto – 10 settembre 2022).