Senza fissa dimora
Bollettino n. 4/22
E dunque?
Sempre a chiederci il senso di questo girare come formiche impazzite perché un dio – sicuramente cattivo o quanto meno annoiato – ha calpestato la Domu, il logos. E allora noi come scemi a fare traiettorie assurde, in cerca di cosa, non sappiamo. La salvezza, forse. O una nuova casa.
E dunque qui, in questa momentanea Casa del Cinema, più simile al circo che ad un tempio greco, fai il pieno di stimoli e il cervello si chiede costantemente se esista una logica nel tutto, un minimo comun denominatore – senza dover arrivare a bussare a casa dei selezionatori per chiedergli: e dunque?
Mettere Iñárritu e Schrader nello stesso tritatutto ha il suo fascino.
A noi, a quelli che condividono la malattia del racconto, regala una ennesima e robusta riflessione sulle strutture.
Vedersi Master Gardener di Paul Schrader, a cui viene consegnato quest’anno il premio alla carriera, equivale a farsi un robusto ripasso delle sane regole del raccontare. Ognuno può trovare il film più o meno riuscito, ma chiunque rimane colpito dal profondo rispetto per lo spettatore che trasuda da lavori come questo.
Un dissidio morale, un racconto sulla società, dei personaggi che attingono a piene mani dalla cultura del paese raccontato. Come cornice (iniziale, ma non conclusiva. Scelta interessante) l’impianto classico del regno in bilico, della regina e della possibile pretendente al trono. Addirittura alcuni momenti paradigmatici, che raccontano perfettamente paradossi del nostro specifico momento storico – tipo il dialogo dell’incontro amoroso.
Lei compare sulla soglia della stanza di lui. Si ferma.
“Vorrei entrare. Tu sei d’accordo se entro?”
“Si sono d’accordo”.
Lei entra. Si ferma.
“Adesso vorrei tantissimo togliermi i vestiti. Sei d’accordo? Posso?”.
Insomma, uno sberleffo all’epoca del (terrorizzante?) politicamente corretto – o altro, non so. Ad ogni modo, indicativo. A suo modo, memorabile.
Ecco, non si può non farsi le solite domande. Qual è la forma più giusta per il contenuto che vogliamo raccontare? La struttura “classica” della sceneggiatura, Schrader docet, permette davvero maggiore efficacia? Iñárritu esce sulla piattaforma Netflix. Non avremo riscontri di pubblico capaci di darci indicazioni utili. Dunque resta l’animo e la testa di chi vede una storia, come unico metro di giudizio.
Iñárritu e Schrader, Bardo e Master Gardener sono lavori diversi, ovvio. Soprattutto hanno pubblici diversi.
Il pubblico da Festival è un pubblico preciso. Barbera lo sa bene. I suoi selezionatori pure.
Non serve che andiamo a bussargli a casa, per adesso.
Anche perché a suo modo in un incontro con Cinecittà e Academy, di cui vi darò atto prossimamente, queste domande sono già saltate fuori. Ne riparlemo.
Andrea Vernier
Inviato WGI a Venezia