Bollettino n. 5
Venezia, a cavallo tra il quattro e il cinque settembre duemilaventuno. Circa venti gradi centigradi. Vento da zero a due nodi dai quadranti ovest-nordest.
Poi svolti l’angolo, uno dei mille nascosti alla vista nella notte, e incontri lui.
Due lenti extralarge sono il palcoscenico di vetro per occhi vivacissimi, capaci di vere e proprie corse. Quegli occhi corrono dietro a mondi che scappano a cascata, è chiaro.
Incontrare Andrea è un po’ annusarsi tra cani, con i rituali di riconoscimento di noi sceneggiatori – perché siamo un genere a parte, riconosciamolo; e quando annusi uno della tua specie ti fai i fari, tra noi camperisti della parola organizzata.
Incontrare Andrea è anche una grande risposta alla solita domanda: peso e ruolo dello sceneggiatore; chi essere, come essere, come rapportarsi con “il resto della banda”, etc etc
Ovvio che i miei sono incontri di straforo. Non sono mai interviste. Qua si cerca (forse) di capire se si può fare una mappa dell’impossibile – perché è evdente, come fai a fissare su un foglio il punto nautico dell’isola che non c’è? Dunque ogni incontro è o scoglio o faro, illusione ottica o conferma di punti fissi, incontro fortuito per rotte convergenti o appuntamento misterioso per fili chiari solo a posteriori. Ogni incontro è un rimando a. Non è mai Porto.
Lascio la laguna alle mie spalle, con l’aria ancora calda nella sera. Il vento ha fatto i suoi giri e ad un certo punto, nel pomeriggio, era ruotato a nordest, cosa che in questo periodo segnala il cambio di passo con l’estate pura. Dunque si, il vento dopo il tramonto, mentre attraversi la laguna, sa ancora di tepore e giornate luminose. Ma la svolta c’è stata. Ad annusarla.
Torno al Lido in questo jojo che è il festival – per uno che a Venezia ci abita e ha bimbi, spese da fare, organizzazioni e incastri di vita quotidiana. Un concetto poco festivaliero, la vita quotidiana. Ed è da qua che partiamo io e lui. Dalla vita fuori dal festival. Infatti siamo sul gran viale, ben lontani da fauna e rituali festivalieri. Andrea ha vissuto qui, ha ricordi e innesti di radici proprio in zona Nicelli – San Nicoletto – Castello. Una costellazione di personaggi e situazioni legate all’infanzia. La formazione immaginifica di un folletto dallo spirito acuto quanto le lance dei suoi occhi.
Andrea ha scritto molto e con continuità da un bel po’ di anni in qua. Dunque si, parliamo di lavoro, anche tecnicamente. Ma dopo. Prima è vita. La sua, la mia. Perché questo è, lo sceneggiatore: la base, la matrice, è la pasta umana. Noi non siamo giocolieri dell’apparenza. Non siamo controllori ossessivi della vita degli altri. Noi siamo spugne. Ma spugne vere, autentiche – ognuno con il suo suono se la tocchi. Ognuno con un suono diverso.
Perciò è vita, l’inizio. E vita vuole dire: “ma come ca@@@ fai a riuscire a far convivere un figlio, una vita di scuola, appuntamenti, orari fissi, con lo scrivere, affrontare e costruire mondi, etc etc etc???”. Gli occhi schizzano via in una risatona. Andrea ride parecchio. Con molte parti del corpo. Ed in questo c’è la risposta, in fondo: quando tutto di te partecipa a quel che hai dentro, che sia testa o cuore, il modo si trova. Essere un tutt’uno con quegli infiniti mondi che hai dentro, essere e basta, e chissenefrega di quel che pensa la maestra di tuo figlio se ti vede in un modo o in un altro, e chissenefrega di quel che pensano i paludati mondi festivalieri, e chissenefrega. Musica, passioni personali (gli infiniti incastri dei giochi da tavola devono essere una gran palestra per la testa), e tempo.
Il profondo e assoluto senso di un tempo tutto tuo, totalmente personale. Questa è la condizione necessaria per scrivere – ma prima ancora per essere. Perché scrivere è la naturale conseguenza di un modo di essere.
Tutto questo Andrea me lo racconta tra una risata e l’altra, con la voce profonda che si alza e abbassa a far da fondale a quegli occhi.
Poi c’è la parte tecnica, da branco.
Da solo o con altri? “Il numero perfetto è tre. Perché sceneggiatura vuol dire gruppo. Incrocio di sguardi. Magari l’altro vede delle cose che te non avevi visto. Così funziona. Così deve funzionare” “però dei lavori li hai fatti e li fai da solo” “perché mi ci trovo, non per scelta. Magari a volte perché la squadra si dissolve (capita), magari perché non hanno soldi per una squadra. Ma è sbagliato”. Ecco, argomento soldi. “Per me è importante che ci sia un sindacato, perché i pesci grossi si difendono bene da soli, ma servono battaglie di categoria. Per esempio, i soldi. Non giriamoci attorno, un film costa attorno al milione e tre? Beh, per me è giusto che circa duecentomila vadano alla parte che fa stare su tutta la baracca – ovvero la sceneggiatura. Ci vogliono tre sceneggiatori, ognuno con contratti da 60000 euro. Perché alla fine per un film ci lavori un anno, e questo deve essere il suo valore: 60000 euro. Si, lo so, sono tutti desiderata e non è certo la realtà, ma questo dovrebbe essere l’obiettivo sano e giusto”.
Impostazione del lavoro: “poco da dire, per me l’inferno è il soggetto. È quella la parte difficile: l’idea. Deve esserci tutto, deve funzionare. Io lì sputo sangue. Poi il trattamento lo faccio come dio comanda, con tutto ma proprio tutto. Praticamente in sceneggiatura non faccio altro che numerare e apparecchiare meglio quel lavoro. Quante pagine al giorno? Quel che si dice è vero: cinque pagine al giorno è bene. Meno di cinque? Aaahhh! (mima una scena horror); più di cinque? Beh, beh, beh… (mima un mercante soddisfatto dell’affarone)”
Mezzanotte è passata da un po’. Qui il campanone non si è sentito. Si vede che siamo al Lido, sottile striscia di sabbia tra acque basse e acque profonde. A Venezia il campanile di San Marco si sente ovunque. A mezzanotte suona con voce potente, autorevole. La Marangona, la campana più grande che suona alle ventiquattro di ogni giorno, è inconfondibile. Ma qui no, non l’abbiamo sentita. Noi siamo nell’avamposto, piattaforma di lancio verso il mar grande, e contemporaneamente prima linea di difesa.
La notte ha ormai aperto del tutto le sue ali. Ci salutiamo, ognuno alle sue famiglie e case e radici. Il vento ha compiuto da tempo la sua rotazione giornaliera ed ora è sui quadranti notturni, prevalentemente da nord.
Domani è un altro giorno.