Bollettino n. 2
Venezia 2 settembre duemilaventuno. 23 gradi. Soleggiato. 6 nodi da 112°, estsudest.
Luce bianca, ombre nette. Per le calli turisti pensierosi. Settembre. Momento di svolta. Di ripartenza. Anche di pensieri.
In battello cambi stato: dalla concretezza del passo alla fluidità, dal labirinto murnauiano di calli e callette, allo spazio aperto e abbacinante di luce- perché questa poi è la laguna: luce.
Come un grosso ago il battello buca lo stato solido e ti porta verso il mondo fluttuante delle idee.
45°24’13.97”N 12°21’59.26”E
Queste le coordinate della meta. Nel mare di proiezioni e visioni, la terrazza dell’Excelsior appare come un lembo di terra di rara concretezza. Certo, echi di Leone, e i sorrisi delle dive – e tutto. Ma sono solo ombre sui muri. In questi giorni è qui che si terranno incontri, si discuteranno temi – tutto ciò che è stringente attualità operativa. Oggi, poi, qui si respira la concretezza assoluta che solo un tema sa provocare: i soldi.
“Il PNRR per la cultura: PROTAGONISTA IL LAVORO”. Mai titolo fu più aderente al contenuto. ANAC ha organizzato un incontro con rappresentanti istituzionali e vari componenti del mondo audiovisivo – ma non solo. Parlano componenti sindacali, parla il ministero della cultura, parla Cinecittà; parlano anche gli autori- come ANAC e come 100 Autori.
Il momento è topico. Siamo tutti devastati da una pandemia che è passata come fiamme a bruciare la prateria. Ora, forse, può rinascere erba nuova. Grazie alla pioggia di soldi. Tanti, tanti soldi.
Ci si guarda in faccia per dirsi i desiderata. I vorrei tanto che. Ma non solo; diciamoci anche quel che non va, dai.
E così possiamo dire che va in scena quanto previsto: il sottosegretario illustra quanto si vuole fare, la Cgil illustra quanto si aspetta, Purgatori auspica che non sia un prendi i soldi e scappa, Sardo invoca a gran voce la necessità che in questo frangente sia evidente il peso degli autori – e perché ciò accada serve solo una cosa: l’unità di tutti gli autori.
Insomma, all’incontro ognuno interpreta il proprio ruolo.
Nella diversità delle parti in scena, mi sorprende un dato di fondo: è la prima volta che alla Biennale d’arte Cinematografica sento con così forza e determinazione parlare di una cosa precisa: il lavoro. Non arte, non ispirazione, non magia del cinema o altri trucchi di scena – ma lavoro inteso come contratti, regole, formazione.
Ma dopo aver spoilerato i ruoli nella pièce, merita un resoconto delle posizioni.
La rappresentante della CGIL ha evidenziato la necessità di difendere chi lavora, grazie alla riforma che deve essere la chiave di volta per trasformare il settore. Obiettivi chiari per CGIL sono la necessità del reddito di continuità e l’opposizione all’economia sommersa – il famigerato nero. Fondamentale – ha continuato accorata la rappresentante – è imparare a diventare SISTEMA. Lo ha scandito.
Evidenzia la difficoltà di poter valorizzare il lato umano – per la generale precarietà di tutto; non esiste un sistema certificatorio, la formazione è slegata, quando invece dev’essere stratificata. Cinecittà, nell’ambito formativo, deve essere il fulcro del confronto tra impresa e lavoro. Il suo intervento, partito come una disanima fredda, quasi operativa, finisce con un tono accorato e disilluso, verrebbe da dire disincantato: “è fondamentale legalizzare il settore. Serve una legalizzazione grazie ad una cosa precisa: i contratti”.
“Il G20 ha evidenziato il lato economico della Cultura” parte con soddisfazione ed enfasi il rappresentante del ministero.
Per lui la formazione delle professionalità è un punto critico su cui lavorare. Vede un disallineamento tra necessità e capacità dopo aver finito i percorsi di formazione. Dichiara poi il proprio sconcerto e la propria sorpresa nell’aver scoperto, con la pandemia, una situazione generale di non tutela dei lavoratori nel nostro settore. Dunque la tutela del lavoro è per lui uno snodo imprescindibile. Rivendica quanto fatto per appianare situazioni sconcertanti, come la maternità, l’indennità di malattia, e altro. “Mi è sembrato che in questo settore si accettassero situazioni altrove non accettabili”. Cita anche il caso delle pensioni, quasi mai raggiungibili. Insomma, ci tiene a dichiarare che lui vede la possibilità di essere ottimista, di poter fare e costruire grazie ad una notevolissima quantità di denaro in arrivo. Ma anche lui, come chi l’ha preceduto, chiude con tema: sanare le irregolarità. “Non è ammissibile che un’impresa che prende fondi pubblici non rispetti i diritti” -si accalora. La pandemia, spiega, ha fatto emergere discrepanze ed irregolarità. “Ci aspettiamo finalmente una capacità di fare contratti all’altezza della situazione” ha chiuso.
E’ il turno di Purgatori, che inizia dichiarando che “mai come adesso tutti lavorano. Mai come adesso le piattaforme fanno lavorare”. Passa poi ad evidenziare come il nostro mondo sia non organizzato. Ognun per sé. “Noi lavoriamo in un mercato fuori da ogni regola. Io sono favorevole affinché tutta la filiera venga organizzata e si faccia un lavoro sistemico. Non serve curare un solo aspetto. Creatività, produzione, distribuzione; bisogna agire su tutti i livelli”. Ha poi toccato, anche lui, il tema delle paure. “Dobbiamo essere occupati, ma non infelici. Occupati, ma con la certezza che quello che viene investito vada a chi lavora nel settore e non solo a figure che arrivano, prendono i soldi e poi scompaiono”. Purgatori conclude auspicando la capacità di fare subito un’istantanea impietosa dell’attuale, altrimenti, se non sappiamo davvero come siamo messi, non potremo mai sapere dove andare.
La rappresentante di Cinecittà chiede ai sindacati di trasferire le competenze in modo chiaro. È la formazione quindi il primo tema toccato. Formazione che ha bisogno di essere aggiornata anche per quanto riguarda i generi e altre tematiche simili: “siamo indietro”.
Il tempo stringe. Si susseguono veloci interventi che sottolineano come lo stato di estrema difficoltà sia diffuso – e coinvolga anche la ricerca universitaria. Serve lavorare insieme, davvero. Bisogna coordinarsi. Questo il punto comune a tutti gli interventi.
Appuntamento a Roma, a fine settembre, quando tutte le associazioni si confronteranno a Cinecittà.
Ma l’incontro non finisce. Prendono la parola ancora alcuni rappresentanti. Colpisce un appello: “utilizziamo questa pandemia come una cesura per tagliare con il raggrinzimento evidente di questo paese. Dobbiamo rinascere.”
Per ultimo prende la parola il rappresentante dei 100 autori. Creatività e formazione sono pilastri fondamentali, dice. Così come la battaglia sul copyright – “perché bisogna partire dai fatti”. Ed è tutto all’impronta della realtà – con cui fare i conti – il suo intervento. A partire dalla denuncia sentita ed accorata per salvare il premio Solinas, in procinto di chiudere per mancanza di fondi. “Si, vanno bene i soldi, ma poi, concretamente, un’importante fattore di sviluppo e crescita, come il Solinas, rischia di chiudere. Questi sono i fatti”. Abbiamo firmato un appello a tal riguardo tutti insieme “perché dobbiamo essere tutti insieme!” si infervora. Sulla necessità che gli autori siano un fronte unico, unito, è categorico: “gli autori devono essere uniti e forti. Non basta la battaglia sulle regole. Dobbiamo anche essere in grado di avere forza e per farlo dobbiamo far pesare la nostra parte. E lo facciamo in un modo solo: stando tutti assieme!”.
E così, con la concretezza di un fuggi fuggi dettato dalla fame e dalla prospettiva dell’attesa dovuta alle code davanti ai bar – code degne della miglior tradizione sovietica – finisce l’incontro.
Fuori da quella sala è subito aria di mare, sole, pass da esibire, temperature da controllare, incastri, orari. E code. Il festival ai tempi della Covid è questo: code. La versione 2021 del CovidFestival è: code – ma con gente. Tanta gente. E, a quanto abbiamo capito, soldi. Tanti soldi. E tante esigenze a cui dare risposte.