Bollettino n. 1
Venezia. Primo settembre duemilaventuno. 24 gradi. Soleggiato. Vento di due nodi da 158 gradi, sudsudest.
Dalla finestra della stanza da letto del Questore sbuca una piccola maglietta sportiva ad asciugare. Dunque ha un figlio adolescente, il Questore. Corre con la maglietta del Venezia. O imita un politico camaleontico che indossa in ogni posto la maglia del luogo, oppure l’adolescente prova ad integrarsi.
Segni. Sono tutti segni.
In fondo siamo a Venezia. Guardando l’orizzonte di tetti si vede una foresta di segni. Ogni guglia, ogni campanile o cupola qui ha una bandiera o un angelo nella sommità – e sono tutti segnavento.
Città di mare, il cui mezzo di spostamento era necessariamente in balia di una forza invisibile – il vento. Bisognava cogliere ogni più piccola traccia, e con quel che c’era partire. Andare verso l’ignoto. Verso situazioni poco o per nulla conosciute. A cercare di costruire futuri.
Ecco, il posto è giusto. Perché noi sceneggiatori siamo così; salpiamo verso un non so. Sempre. Tanto più in questo periodo di tempesta.
Che poi, diciamolo, è sempre tempesta.
Ma ok. Questo è il nostro mare. Un mercato perennemente in difficoltà e perciò stesso in evoluzione. Una scena globale in perenne cambiamento.
Tutte coordinate da riprendere. Carte nautiche da aggiornare. Riferimenti, porti sicuri, nuove insidie. Questo cerchiamo di fare qui: una mappa.
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Mentre un cielo cobalto lusinga in promesse di bellezza, guardo le carte nautiche a mia disposizione: griglie di appuntamenti, proiezioni, orari e luoghi.
Vedremo come sarà il pescato del giorno.
Oggi apertura, cerimonie, prime proiezioni.
Per intanto un dato è certo: sito con le prenotazioni dei posti in sala costantemente in tilt. Disponibili posti solo per proiezioni ad alto tasso di fiducia sul genere umano, tipologia filmmaker, in orari da sabba. Forse è la volta che incontro il diavolo – così gli domando se gli è piaciuta la recitazione di Al Pacino.