Fantasmi
Bollettino n. 1/22
In novant’anni le persone nascono, vivono e muoiono.
Tutta questa vita lascia tracce. Tracce evanescenti. Figure disegnate dalla luce e destinate a sparire se esposte al sole. Fantasmi.
Ma chi sono i fantasmi?
I fantasmi hanno abitato castelli, popolato brughiere, scogliere, case abbandonate, boschi, vascelli. Hanno vissuto storie di potere, sangue e sopraffazioni; hanno patito l’abbandono, la perdizione e l’obbligo. I fantasmi erano la traccia inconfessabile che lasciavamo dietro di noi.
Poi è successo qualcosa.
E i fantasmi hanno cominciato a guidare spyder argentate, a riempire di chiacchiere una terrazza romana, a scendere da vagoni con la valigia di cartone in mano, a frequentare i marciapiedi notturni ed estivi di una grande città – magari al passaggio della metropolitana…
Perché i fantasmi sono sempre stati sangue del nostro sangue, abitanti delle stesse mura, della stessa stoffa di terra su cui il destino, il fato o il bardo ha depositato anche noi. I fantasmi, insomma, siamo sempre stati noi. E lo sapevamo. Lo avevamo letto. Ce lo avevano detto. Ma non lo avevamo mai visto.
Poi sono arrivati loro. Evanescenti ma indelebili. Ombre sul muro. Smorfie, sorrisi: sguardi. Sguardi capaci di dirci “domani è un altro giorno”. Capaci di un futuro valido ieri, oggi e domani.
La Mostra del cinema compie novant’anni. Mai come quest’anno le sale saranno infestate da fantasmi – in cellulosa, in bianco e nero, a colori, in 4k o altro.
Fantasmi creati per restare tali, su lenzuoli bianchi, appesi ai muri. Vivi solo grazie alla luce.
Dei suoi novant’anni quel che ci resta è questo: traiettorie traslucide in celluloide come segnali luminosi, tracce salvavita da seguire in caso di necessità. In alcuni casi solo meteore, ma pur sempre lo spettacolo di una scia danzante nella notte stellata…
Le storie e i loro personaggi. Questi sono i fantasmi che ci restano.
Noi, di loro, ne abbiamo bisogno. Non solo quando splendono perfetti e compiuti, ma soprattutto quando risultano incerti e non riusciti. Quello è il nostro serbatoio. E’ da quella parte, monca e incompleta per definizione, che peschiamo i racconti. Perché nessuno è perfetto e tutti abbiamo un passato. Dunque tutti abbiamo un ghost. Tutti dobbiamo fare i conti con il peccato originale – ed ecco il punto.
Non sappiamo se stiamo facendo arte o circo – ma sappiamo che indaghiamo il senso morale delle cose. E il peccato originale è il nostro cassetto degli attrezzi.
I fantasmi ci servono.
E allora questo passato ci guarda. Ci ri-guarda. Questi fantasmi ci interpellano e ci interrogano – come hanno sempre fatto.
Ma, ed è qui l’inghippo, noi non ci stiamo. Non questa volta.
Non rifiutiamo la chiamata – ma il ruolo.
Questa volta, cari fantasmi, siamo noi a interpellarvi. Noi a chiamarvi. Noi a inchiodarvi alle vostre paure, ai vostri piani di futuro, ai vostri domani è un altro giorno.
Perché noi siamo il vostro domani.
Dunque diteci com’è andata. Ma soprattutto, diteci come andrà.