Bocche inutili
Carissima Francesca, a cosa allude il titolo “Bocche inutili”, la pellicola che tu hai sceneggiato insieme a Francesca Nodari e al regista Claudio Uberti?
Simone de Beauvoir scrisse un’opera nella quale parlava di donne, bambini, pazzi e infermi che durante la Seconda Guerra Mondiale, dai nazisti, erano considerati non utili nell’economia del conflitto e quindi sfamarli era visto come una perdita di tempo e risorse. Il suo titolo era “Bocche inutili” e a quello si rifà il nostro film che affronta la tematica soffermando lo sguardo sul campo di concentramento di Ravensbrück, lager per sole donne, nel quale all’inizio entrarono e morirono anche diversi bambini. Le protagoniste sono quindi 5 donne che vivono dentro una delle baracche del campo e in principio ognuna è concentrata sul proprio dramma e alla disperata ricerca di sopravvivenza a qualunque costo, poi però capiscono che la chiave per salvarsi è la resistenza del gruppo e così si uniscono per compiere l’impresa.
Il film è arrivato sugli schermi il 25 aprile, nel giorno della Liberazione. E’ una fortunata coincidenza?
In effetti no. E’ stata una data fortemente voluta dal regista Claudio Uberti e per la quale la produzione, la WellSee, si è battuta per accaparrarsela. Il 25 aprile è il giorno della Liberazione e “Bocche inutili” si conclude proprio in quella data. Fa specie pensare che in quel caso, a Ravensbrück, arrivarono i russi a salvare i deportati ancora rinchiusi e oggi invece, tutto il mondo è schierato proprio contro di loro, per salvare gli ucraini da un destino in troppi aspetti sovrapponibile a quello degli ebrei della Shoah. Il film resterà in sala fino al 29 aprile.
L’Olocausto è stato raccontato secondo vari punti di vista. Nel racconto delle sofferenze della protagonista Ester (Margot Sikabonyi), il tema cruciale è quello della femminilità negata?
Fino ad oggi nessuno si era concentrato sul ruolo della donna durante l’Olocausto. Quello che abbiamo voluto approfondire è stato proprio l’aspetto della femminilità negata in ogni sua sfumatura e come questa, prepotentemente, sia comunque resistita e con lei, l’umanità e quel materno che ancora oggi rappresenta uno dei valori portanti della nostra società. Per fare questo lavoro, essendo anche giornalista, ho voluto attenermi strettamente ad eventi realmente accaduti che anzi, ho dovuto alleggerire e in parte omettere perché nonostante il regista volesse calare lo spettatore nell’angoscia, in modo da fargli vivere a tutto tondo il film, trasformandolo quasi in chiave esperte zia le, raccontare e mettere in scena tutto ciò che abbiamo letto, ricostruito e scoperto, sarebbe stato davvero troppo crudo. Interessante è stato poi l’apporto di Francesca Nodari che ha dato il suo contributo quale esperta di storia e tradizioni ebraiche, nonché filosofa.
E’ un film girato quasi interamente all’interno della baracca del campo di concentramento. Com’è nata questa idea?
Claudio Uberti voleva mettere in luce queste donne e per concentrare lo sguardo su di loro, abbiamo deciso di mettere in secondo piano tutto il resto. La porta e le finestre si sono trasformate in una membrana divisoria tra il male assoluto e il bene che piano piano nasceva, cresceva e resisteva dentro la baracca, nonostante tutto. E’ stata una sfida imponente perché l’argomento non è leggero e reggere due ore all’interno di una baracca non è facile. Piuttosto potrebbe trasformarsi in una pièce teatrale, chissà…
Dal mondo ebraico avete avuto qualche riscontro?
Certamente. La sceneggiatura è stata letta da Liliana Segre, la quale è rimasta così colpita che l’ha portata al Presidente della Repubblica. E Mattarella ha voluto che “Bocche inutili” diventasse il film della Giornata della Memoria prossima, quindi il 27 gennaio 2023 verrà trasmesso in prima serata su Rai Uno. Le sorelle Bucci – sopravvissute al lager di Auschwitz – hanno preso parte all’anteprima nazionale. Ci tenevano ad essere presenti e portare la loro testimonianza, così sono partite una dal Belgio e l’altra dalla California per essere il 25 aprile nella Sala Troisi a Roma.
A livello creativo com’è nata la collaborazione con il cantautore Stefano “Cisco Belotti”, frontman dei Mondena City Ramblers?
“Bocche inutili” è stato girato l’estate scorsa a Carpi, in provincia di Modena, nel campo di Fossoli, tuttora esistente. E’ stata quindi un’esperienza particolarmente toccante, totalmente immersiva, non solo per il cast ma anche per tutti coloro che hanno vissuto il set. E il tessuto circostante è stato particolarmente accogliente e coinvolto, tanto che anche la collaborazione con Cisco è nata spontaneamente. Ha sentito la trama del film, visto il set e si è ispirato, creando il brano “Bocche inutili”.
Da tempo la campagna “No Script, No Film” promossa da Writers Guild Italia, va avanti per portare alla luce il lavoro degli sceneggiatori. Sei soddisfatta dei risultati raggiunti finora?
WGI con la campagna “No Script, No Film” ha raggiunto risultati ottimi, attirando l’attenzione su una tematica ancora troppe volte, e a torto, ritenuta residuale. Purtroppo il ruolo dello sceneggiatore continua ad essere considerato non fondamentale e, data questa lettura distorta, non gli si dà neanche il giusto riconoscimento economico. Ma qualcosa inizia a cambiare, vuoi per il sindacato che lotta strenuamente, vuoi per il proliferare di case di produzione giovani che hanno un’altra sensibilità nei confronti degli autori, vuoi perché noi sceneggiatori, finalmente, iniziamo ad avere coscienza e cognizione del nostro peso specifico. Perché ciò che secondo me è davvero deleterio è il fatto che una narrazione sbagliata perpetrata negli anni, rischiava di convincere i colleghi che davvero lo sceneggiatore fosse una persona che dovesse ringraziare per l’opportunità concessagli dal regista o dal produttore di turno, accettando quindi qualunque condizione, lavorativamente ed economicamente parlando.