ANDREA ZAULI
Sulla paura e sull’amore
Il 26 giugno esce nelle sale CARTA BIANCA, lungometraggio diretto da Andrés Arce Maldonado e scritto da Andrea Zauli, socio WGI. Lo incontriamo alla conferenza stampa tenuta al cinema FilmStudio di Trastevere.Non tutti i soci WGI ti conoscono, quindi perché non ti presenti brevemente prima di parlare del film?
Vivo da undici anni a Roma, ma sono romagnolo. Ho fatto il markettaro e il copywriter, l’operaio e il facchino. Oltre a scrivere, disegno un sacco. Basta.
Okay, veniamo al film. Puoi riassumere la storia di CARTA BIANCA in poche frasi?
Ti rispondo con le parole del nostro protagonista Kamal. “Mia madre diceva che le cicogne sono delle gran chiacchierone. Ogni volta che hanno occasione aprono la bocca per spettegolare. Migliaia di bambini cadono in posti dove non erano destinati e per tutta la vita cercheranno di raggiungere quei luoghi.”
Non è un vero pitch però.
Allora sarò più rigoroso. Siamo a Roma. È la vigilia di San Valentino. Tre personaggi (due stranieri e un’italiana) si incontrano e si scontrano. Nessuno lo sa, ma ciascuno cambierà la vita dell’altro: si chiamano Kamal, Vania e Lucrezia. Kamal è un giovane e atipico pusher marocchino, amante dei libri e nemico di ogni fondamentalismo. Sogna di diventare italiano, europeo, occidentale, e intanto spaccia droga nella biblioteca di quartiere. Vania è una bella badante moldava, molto gentile e molto religiosa. È perseguitata dalle allucinazioni del suo mostruoso passato di prostituta da marciapiede. Infine c’è Lucrezia, grintosa imprenditrice italiana, innamorata del suo cane e della propria azienda. Come tanti altri, è finita quasi senza rendersene conto tra le grinfie di un usuraio.
Com’è nato il soggetto? Da un fatto di cronaca nera, se non sbaglio.
Tutto comincia nel 2010 con la morte di un giovane immigrato, Sahid Belamel. La lettura di un provocatorio necrologio pubblicato sul quotidiano “La Nuova Ferrara” scuote qualcosa dentro al mio regista, straniero extracomunitario pure lui, e assieme decidiamo di buttarci in quest’avventura. Volevamo raccontare qualcosa sull’Italia di oggi e più in generale sul rapporto tra noi e gli altri, suggerendo qualcosa sulla natura umana. Sulla paura e sull’amore.
Hai lavorato fianco a fianco col regista in fase di scrittura. Come avete preso le decisioni sulla struttura narrativa, su quello che fanno e dicono i personaggi?
Io e Andrés ci conosciamo da anni. Non dico che siamo telepatici, ma quasi. E, telepatia o no, c’è stato il massimo rispetto dei ruoli. L’accordo era: confrontiamoci, discutiamo, persino litighiamo, ma sulla sceneggiatura l’ultima parola ce l’ho io, sul set ce l’hai tu.
Per un progetto indipendente trovare una distribuzione è difficile almeno quanto produrre il film stesso. Come siete arrivati a Distribuzione Indipendente?
Premessa: CARTA BIANCA è un esperimento cooperativo. Non abbiamo chiesto finanziamenti allo Stato. Non solo, in pre-produzione e in produzione non abbiamo avuto alle spalle una vera società di produzione. I soldi, sganciati dallo stesso regista, servivano appena per le spese vive del set e qualche esangue rimborso spese, nulla di più.
Quindi chi l’ha prodotto?
Noi, tutti noi. Tutto il cast e la troupe. Certo, io e il regista abbiamo fatto qualcosa più degli altri, avendo curato tutti gli aspetti del progetto, dal casting alla burocrazia per il visto censura ministeriale. Ma tutti, proprio tutti, hanno contribuito con professionalità ed entusiasmo. Un’impresa titanica, ma bellissima.
Tendi un po’ alla digressione. Dicevamo della distribuzione del film…
La svolta è stata quando l’anno scorso il RIFF, cioè il Rome Independent Film Festival, ci ha selezionato: siamo stati sorpresi e felici. E quando abbiamo vinto il premio per la distribuzione messo in palio da Distribuzione Indipendente eravamo quasi increduli. Ora cerchiamo distribuzioni all’estero.
Sei soddisfatto di come il tuo script è stato interpretato dal regista e dagli attori?
Per una volta, da autore, sono contento del risultato finale. Molto. Il regista e gli attori sono stati infaticabili e precisissimi nel capire storia e personaggi e dargli il loro personalissimo tocco. Certo, in fase di riprese ci sono stati cambiamenti e rinunce rispetto allo script. La tal location era indisponibile, certi costumi di scena costavano troppo e così via.
Cose che capitano quando ti butti in un no budget, no?
Già, sono rischi da mettere in conto. Ma quello che conta è che gran parte dello spirito e della lettera della sceneggiatura sono stati rispettati, e in certi casi, migliorati.
C’è qualcosa che vuoi dire agli altri soci WGI e in generale ai colleghi sceneggiatori?
Di non restare soli. È anche per questo che sono felice che sia nata la WGI.
QUI il trailer del film.
QUI tutto il resto su CARTA BIANCA
intervista a cura di Aaron Ariotti