E’ importante dare accesso a nuove forze creative ma la creatività non è una questione anagrafica
Partendo dalla writing room, come definiresti il lavoro di squadra – riferito a questo ultimo progetto – e in particolare il tuo rapporto con Peter Exacoustos?
Io e Peter abbiamo collaborato per la prima volta nella seconda stagione de L’Allieva. E’ stato un rapporto felice. Ci siamo conosciuti proprio in WGI. La collaborazione è stata intensa, fra l’altro cresciuta nel coworking della sede di WGI. Abbiamo caratteristiche che si compensano bene. Sfortunatamente con la terza stagione, causa covid, abbiamo lavorato meno in presenza, anche se l’intesa creativa era ormai consolidata.
Puoi raccontare un aneddoto di questa esperienza?
Nella terza stagione è successo che l’attore che interpretava il commissario amico di Alice non fosse più disponibile. Ci siamo ritrovati nell’emergenza perché non c’era più spazio per inserire nuovi personaggi. A me è venuta l’idea di richiamare un personaggio dalla prima stagione, Silvia, ispiratomi da un’amica. E’ stato un artificio che in poco tempo ci ha risolto il problema.
Un problema produttivo tramutato in una risorsa creativa. In altri casi può succedere che le restrizioni produttive provochino la ridimensione di un personaggio anche quando è particolarmente amato e noi avevamo previsto una linea orizzontale più complessa.
Nella squadra ritroviamo la giovane Magda Mangano. Perché è importante dare spazio ai nuovi creatori d’idee?
Magda aveva uno sguardo fresco e inoltre rappresentava anche il target de L’Allieva e questo ha aiutato. E’ importante dare accesso a nuove forze creative ma allo stesso tempo è fondamentale non mandare in soffitta sceneggiatori esperti solo per l’età. La creatività non è una questione anagrafica. Su me stessa lo vedo: mi sento più vulcanica adesso rispetto a quando avevo 20/30 anni. Ero più conservatrice. Il valore della persona prescinde dall’età.
Parlando ai soci WGI che non hanno mai lavorato per la Rai, che consiglio daresti?
Di guardare molti prodotti Rai. La prima regola è conoscere l’eventuale datore di lavoro. Inoltre, evitare lo snobismo. Esistono corsi di scrittura indetti proprio dalla Rai ed essendo il nostro un lavoro su chiamata è una possibilità per fasi conoscere. Accedere alla professione non è tanto un problema oggi; il problema è la tutela del lavoro stesso.
Hai scritto anche sulla violenza di genere, pensiamo a Fiveman. Anche nel tuo blog parli molto di come vivi l’essere donna. Pensi che nel mondo della scrittura ci siano discriminazioni di genere?
Non ho vissuto discriminazioni in prima persona. È un momento buono per noi donne, c’è una sensibilizzazione su questo. Si sta attenti a creare delle squadre miste di writing. E’ anche vero però, che nei ruoli apicali come ad esempio per gli headwriters, è ancora un po’ difficile farsi valere. C’è ancora molto da fare.
Qual è il progetto della tua carriera che ti ha dato maggiori soddisfazioni personali?
Il film sul ponte di Genova, scritto insieme a Giorgio Nerone, andato in onda su Rai Tre. Abbiamo deciso di raccontare la storia delle vittime; non cercavamo le cause ma emerge la sete di giustizia. Mi rende orgogliosa anche perché ha fatto venire fuori la mia parte “seria”. Genova 11:36 è stata anche una collaborazione d’amicizia e per questo per me è importante. In generale poi, la mia esperienza nella serialità oltre a quella come redattrice televisiva, mi è servita molto; ho accumulato storie.