La copia privata è una legge che si basa su una eccezione del diritto d’autore e che impone un prelievo sull’acquisto di ogni device, ossia su ogni dispositivo elettronico dotato di memoria e capacità di registrazione (chiavette USB, cellulari, computer, tablet, registratori vocali e video…).
Il prelievo di copia privata finisce nella casse della SIAE, che ne trattiene un aggio per il servizio e distribuisce il resto agli aventi diritto (autori, produttori, artisti interpreti o esecutori).
Il prelievo di copia privata dovrebbe essere a carico delle industrie produttrici e distributrici di devices, ma non è proprio così che funziona.
A chi vanno i proventi della copia privata, esattamente?
È da mesi che arrivano al MIBACT da più parti (SIAE , Associazioni dei consumatori ,twitter, Corte di Giustizia Europea ) sollecitazioni di diverso tenore riguardo al rinnovo delle tariffe di Equo Compenso.
Siamo scrittori di cinema, tv e web: in qualità di autori dell’audiovisivo e di consumatori, che pagano percentuali di copia privata, perché il nostro lavoro ci obbliga a comprare devices per documentarci, aggiornarci e produrre, vorremmo chiedere, come è stato già fatto, di fare chiarezza sui dati, in possesso del Ministro dei Beni Culturali e del Turismo, da cui saranno ricavate le nuove tariffe che faranno parte del decreto.
Viviamo del nostro lavoro e – sebbene come consumatori avremmo riscritto la legge su altri criteri, adeguandola alle nuove modalità di fruizione delle opere – come autori dobbiamo riaffermare che qualsiasi percentuale, grande o piccola, di copia privata è un nostro diritto.
* Perché, come risulta anche dal sito della SIAE e come tutti devono sapere, i compensi per copia privata vengono distribuiti a noi, autori dell’audiovisivo, solo per un 30% della percentuale che spetta al settore audiovisivo (ad oggi il 50% del totale). Cioè, se qualcuno di noi ha pagato 10 euro di copia privata su un qualsiasi device, potrà godere insieme a centinaia di altri colleghi della ripartizione di 1,20 euro, che andranno distribuiti fra tutti gli autori dell’audiovisivo, tolto l’aggio SIAE.
* Perché noi autori, come consumatori paghiamo oggi ma, come autori – bene che vada – abbiamo un ritorno tra due anni.
* Perché per pagare, come consumatori, si paga tutti, ma per incassare, come autori, ci sono un costo e una selezione.
* Perché il costo e la selezione riguardano l’iscrizione o il mandato che, come autori, siamo obbligati per legge a dare alla SIAE: l’esistenza di un prezzo contempla di fatto l’esclusione di chi (pochi o tanti, accantonamento o non accantonamento) non paga quel tot per scelta o per avversione o perché gli costa di più di quanto potrebbe incassare.
* C’è una selezione tra gli autori (e nei fatti un’esclusione), perché SIAE distribuisce secondo un criterio forzatamente approssimativo, basandosi su dati in proprio possesso e in parte incompleti (pubblico registro cinematografico, autodichiarazione degli autori e report di utilizzazione dei network), raccolti per l’elaborazione dell’equo compenso in base all’art.46-bis della legge sul diritto d’autore.
* C’è una selezione tra gli autori (e nei fatti un’esclusione) perché SIAE non ha contratti di equo compenso con tutti i network e dunque non protegge tutte le opere messe in onda.
* C’è una selezione tra gli autori (e nei fatti un’esclusione), perché SIAE non protegge ancora gli autori web-nativi, ossia che hanno prodotto le loro opere direttamente sul web, perché non sa ancora come registrarli. Senza contare che la maggioranza dei web-nativi non ha -per vari motivi- nessun diritto certo all’equo compenso e nessuna intenzione di iscriversi alla SIAE.
Quindi, per riassumere e per capirsi, la SIAE, riesce a distribuire con certezza e, relativa, rapidità i compensi da copia privata ad un nutrito numero di noi, autori forti e privilegiati, che già guadagnano perché le loro opere vanno sui canali più o meno importanti di network contrattualizzati, dove il report è assicurato dalla rete. Gli altri di noi, per come è organizzato il sistema, stanno a guardare.
Si dice che, dalle nuove tariffe, verrà detratta una parte consistente, che – come avviene in altre nazioni europee – dovrà essere destinata a scopi sociali.
Se è vero, sono soldi presi dalle nostre tasche, e come autori e come consumatori, pensiamo di dover essere noi a decidere a chi e come dovranno essere destinati.
Se è vero, chiediamo al Ministro Dario Franceschini che questa cifra venga obbligatoriamente amministrata con la partecipazione e il consenso di tutte le associazioni di categoria degli aventi diritto (autori, produttori, artisti interpreti) e di quelle dei consumatori.
Se è vero, SIAE non può gestire questi fondi da sola, perché:
1) SIAE non è in contatto con tutti gli autori (e soprattutto non con gli autori web-nativi che sono i primi protagonisti dei nuovi devices);
2) i meccanismi interni dello statuto SIAE non consentono neppure agli autori iscritti di decidere a chi e come destinare questi fondi, che saranno amministrati invece dal Direttore Generale di concerto col consiglio di Gestione e col Consiglio di Sorveglianza;
3) una quota non distribuita agli aventi diritto, aumenterebbe la percezione (sbagliata) di ingiusta gabella a favore di SIAE del meccanismo di quota privata.
Chiediamo pertanto a gran voce al Ministro Franceschini che venga riconosciuta agli autori e ai consumatori, l’intelligenza e la capacità di trovare tra loro un accordo e gestire insieme gli interessi comuni.
Firma anche tu la petizione promossa da Writers Guild Italia.
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