Una webserie di successo
Carissimo Andrea, “Per Aspera”, la webserie che hai scritto e diretto nell’ambito del progetto formativo “Officina dei Sogni” dell’Istituto Comprensivo “Filippo Traina” di Vittoria, sta raccogliendo dei consensi importanti anche a livello internazionale. Ci vuoi raccontare di cosa parla?
“Per Aspera” è una fiaba moderna ambientata nell’immaginaria cittadina siciliana di Boscopiano e ha per protagonista Vittoria, un’adolescente ossessionata dal mito americano e affascinata da tutto ciò che arriva d’oltreoceano, che avverte poco o niente il legame con la sua terra natia. È così che il 31 ottobre del 1989, nel giorno del suo dodicesimo compleanno, l’intraprendente e caparbia ragazzina si avventura in una grotta sul mare alla ricerca del leggendario tesoro di “Re Cucco”, grazie al quale sogna di trasferirsi con tutta la famiglia in America.
Invece, smarrita nel labirinto di cunicoli scavati sotto la città, che la porteranno a compiere un avventuroso viaggio tra presente, passato e futuro, sarà costretta a confrontarsi con la sua identità e con le sue radici… Il racconto si sviluppa su diversi piani temporali, continuamente intrecciati, e questa ripetuta oscillazione nel tempo del racconto consente di usare il passato per parlare del presente, distruggendo la piatta logica del reale, attraverso un raffronto critico tra epoche lontane, giustapposte, alla ricerca delle proprie radici e della propria identità storica, antropologica e sociale.
Alla settima edizione del Bilbao Seriesland, la tua opera è stata premiata come Miglior Serie di Genere, mentre recentemente ha raccolto ben 8 nomination nel festival tedesco Die Seriale, facendosi largo tra 51 webserie provenienti da tutto il mondo. Quanto è importante il percorso di un prodotto come questo attraverso i festival tematici?
È fondamentale, specie quando ti puoi confrontare a questi livelli, con opere che arrivano da tutte le parti del mondo. “Per Aspera”, nonostante fosse sulla carta un ‘progetto scolastico’, è stata selezionata da festival non solo in Italia, ma anche in Russia, Canada, Spagna e da ultimo in Germania, appunto, dove ha vinto due importanti riconoscimenti, quello come Miglior Colonna Sonora Originale e quello come Miglior Production Design. Due premi che mi riempiono di gioia e orgoglio, perché confermano il valore di due aspetti fondamentali di “Per Aspera”: da un lato le musiche, scritte e orchestrate in tempi record dal maestro Marco Cascone, che ha fatto un lavoro eccezionale, non solo per la qualità della partitura, ma soprattutto per la maniera in cui la colonna sonora è cucita addosso al racconto, inseguendone ogni sfumatura di senso, anche nell’approccio citazionistico; dall’altro tutto l’incredibile impegno profuso nella costruzione dell’universo in cui è ambientata la nostra storia, a partire dall’ottimo lavoro come scenografa e costumista della veterana Marianna Sciveres, passando per l’incredibile intuito di Angela Rizzo nello scovare le giuste ambientazioni, per finire al mio accurato apporto di effetti visivi; tutte cose che hanno consentito l’edificazione di un mondo fantastico, ma credibile e coerente. Se si pensa poi che il tutto è stato realizzato con un budget ridicolo, è ancora più stupefacente che proprio questo aspetto sia stato tra quelli premiati in un festival internazionale così importante, in cui la nostra serie si scontrava con opere che avevano beneficiato di costi di produzione ben più alti.
Con il Piano Nazionale Cinema per la Scuola, promosso da Miur e Mibac, finalmente la grammatica dell’immagine entra nel circuito scolastico. Ritieni che sia il primo passo verso una maggiore alfabetizzazione cinematografica degli studenti di ogni ordine e grado?
Lo è sicuramente, ma è ancora insufficiente. I ragazzi, oggi molto più che ieri, sono immersi costantemente in un mondo che parla loro attraverso le immagini, soprattutto quelle in movimento, ma gli mancano gli strumenti per decrittarle correttamente. Ciascuno di loro si porta quotidianamente, in tasca, un oggetto che è al tempo stesso uno schermo e una macchina da presa, ma non sa usare né l’uno né l’altro. Imparare a leggere e scrivere le immagini, oggi, è altrettanto importante che imparare a leggere e scrivere in senso stretto. L’apprendimento della storia e del linguaggio del cinema è un elemento determinante non solo per contribuire a formare il pubblico del futuro, ma soprattutto per accrescere negli studenti la comprensione critica dei mezzi di comunicazione. È fondamentale formare giovani alfabetizzati nel linguaggio audiovisivo, capaci di leggerlo criticamente e di comprendere i processi che ne stanno alla base, per diventare non solo fruitori consapevoli, ma soprattutto creatori di contenuti. L’obiettivo dev’essere quello di mettere lo studente nella condizione di trasformarsi in osservatore, critico e narratore della propria realtà, secondo una visione, condivisa, ma anche personale e originale, che possa diventare spunto di riflessione e di sviluppo, dal punto di vista sociale, culturale ed economico.
Pirandello diceva che “La realtà non ha bisogno di essere plausibile”. Nella webserie è stato immaginato un futuro a distanza di 30 anni in cui l’umanità vive segregata in casa costantemente collegata su Internet, e le poche persone che circolano all’esterno usano maschere e guanti sorvegliati dai droni. Lo scenario però nel nostro vivere quotidiano è stato completamente e inquietantemente anticipato. Come hai vissuto questa cosa?
La trama, densa di colpi di scena e di inaspettate meraviglie, proprio nel tentativo di interpretare il presente attraverso la lente deformante del fantastico, si è rivelata capace perfino di anticipare eventi imprevedibili. Alcuni passaggi narrativi presentano, davvero, inquietanti analogie con la surreale situazione che il mondo si è ritrovato a vivere improvvisamente a causa della pandemia. Il bello è che mentre con i ragazzi sviluppavamo il soggetto ci siamo brevemente posti il problema che immaginare un simile futuro da qui a soli trent’anni potesse essere un po’ forzato, ma poi ci siamo autoassolti da ogni dubbio ripetendoci che si trattava pur sempre di una favola e quindi qualche licenza potevamo concedercela. Non è passato neanche un mese dalla fine delle riprese perché quell’immaginario mondo distopico che avevamo immaginato diventasse all’improvviso e inaspettatamente reale! Il pubblico che seguiva la serie era spiazzato, ci scrivevano per sapere quando l’avessimo girata! Perché il fatto è che gli episodi sono stati distribuiti in rete proprio durante il primo lockdown, quando vivevamo tutti chiusi dentro, ancora sotto shock per ciò che stava succedendo. Ovviamente mi sono chiesto mille volte da dove sia arrivata questa rappresentazione così profetica, ma evidentemente anche ciò che nessuno potrebbe mai immaginare in qualche modo è già nell’aria e non di rado la sensibilità di un romanziere o di uno sceneggiatore può arrivare a cogliere degli aspetti invisibili, ma che in qualche modo esistono già, sotto traccia.
Che rapporto hai avuto con gli allievi della scuola a partire dalla stesura del soggetto, passando per la scrittura fino alle riprese e al loro completamento?
Con loro abbiamo fatto un bellissimo percorso che è durato quasi un anno. Dopo una prima fase di apprendimento dei passaggi essenziali della storia del cinema e del suo linguaggio, sempre in una prospettiva teorico-pratica che li mettesse immediatamente al lavoro, si è passati allo sviluppo dell’idea, che è stata elaborata a partire dagli stimoli che arrivavano direttamente dai ragazzi. Al principio ero un po’ spaventato all’idea di relazionarmi con studenti di dodici/tredici anni, fino a quel momento avevo sempre lavorato con liceali, ma la loro risposta mi ha rapidamente stupito, cancellando ogni timore. La cosa più soddisfacente era constatare, nelle varie fasi, quanto rapidamente avessero appreso i fondamenti della scrittura e del linguaggio del cinema, al punto da poter fare osservazioni puntuali e suggerire soluzioni narrative, o creative in generale, coerenti ed efficaci. Anche se poi la stesura vera e propria della sceneggiatura è stata fatta da me, in collaborazione con un altro sceneggiatore professionista, Germano Tarricone, in essa sono presenti tutte le suggestioni emerse nelle fasi di brainstorming con i ragazzi, i quali hanno dunque potuto vedere prendere forma le proprie idee, e questo è un passaggio fondamentale nel processo di apprendimento. La fase delle riprese è stata ovviamente quella in cui si sono maggiormente divertiti, anche se hanno scoperto molto presto che era vero tutto quello che avevo ripetuto loro dall’inizio del laboratorio e cioè che sarebbe stato anche molto faticoso. Ma per loro era come entrare in un mondo magico, guardare dal buco della serratura, oltrepassare lo schermo. Un’esperienza che tutt’oggi, tutte le volte che incontro qualcuno di loro, mi ripetono convintamente che non dimenticheranno mai. Per non parlare del fatto che praticamente nessuno di loro aveva alcuna esperienza di recitazione, ma a partire dalla protagonista, Marika Senia, hanno fatto tutti un lavoro eccezionale, affiancati da attori professionisti come Salvo Paternò (“Makari” di Michele Soavi), Giuseppina Vivera (“La stagione della caccia” di Roan Johnson) e Angelo Milazzo (“L’uomo delle stelle” di Giuseppe Tornatore). Si è creata una grande famiglia, anche perché la produzione della webserie ha richiesto 25 giorni di riprese, ben 22 ambientazioni diverse, coinvolgendo più di 40 studenti e oltre un centinaio di comparse.
6) Writers Guild Italia ha fatto delle campagne importanti per rendere centrale il ruolo dello sceneggiatore. In questo caso nuove possibilità come le webserie possono dare un aiuto concreto in tal senso?
Nel caso specifico, la webserie non era neanche prevista dal bando di MIUR e MIBAC, che parlava più genericamente di lungometraggio o cortometraggio. È stata una mia intuizione quella di scegliere questo particolare formato, perché pensavo fosse quello più dinamico e più efficace nel raggiungimento dei nostri obbiettivi, in quanto si prestava a un rilascio lento, episodio dopo episodio, ma nello stesso tempo ci avrebbe consentito, all’occorrenza di montare insieme tutti gli episodi in un unico film da un’ora e venti. In questo formato ha partecipato, per esempio, al Fantafestival di Roma. Oggi, proprio sulla scorta della nostra fortunata esperienza, i nuovi bandi ministeriali di Cinema per le Scuole prevedono espressamente la webserie. Un formato che come dicevo si presta molto anche a operazioni narrativamente più sperimentali e nel quale sicuramente anche giovani autori possono cimentarsi con grande profitto, affinando i propri strumenti, anche perché la cadenza a episodi, normalmente tra gli 8 e i 10 minuti di durata, costringe a una costruzione del racconto con una serie di appuntamenti precisi che conferiscono alla narrazione una struttura molto forte ed efficace. Inoltre, mentre negli altri paesi sta prendendo sempre più piede, ne siano prova il gran numero di festival internazionali dedicati alle webserie, in Italia, al momento, non è un genere molto frequentato, per cui ci sono ampi spazi disponibili per chi volesse usare questo formato come trampolino per la propria carriera di sceneggiatore. È difficile prevedere esattamente quale sarà l’evoluzione di tutto ciò, ma è di tutta evidenza che sempre più l’attenzione dei giovanissimi si sposta verso narrazioni veloci, che possano consumare in fretta, e dunque il formato della webserie potrebbe avere una sostanziale impennata nel prossimo futuro, diventando un’importante arena nella quale anche sceneggiatori professionisti possano avere la possibilità di raccontare più liberamente le proprie storie, ribadendo la centralità della scrittura nel processo di creazione dell’audiovisivo. Del resto, già oggi, le principali piattaforme distribuiscono anche serie con episodi molto brevi, del tutto sovrapponibili al formato della webserie tout court. I due mondi già convergono l’uno verso l’altro e i confini tra i diversi formati si fanno sempre più sbiaditi.