Per amor vostro
Cara Isabella e cara Lina, partiamo con una sfida classica: riassumere la storia di Per amor vostro in quattro righe, un pitch insomma.
LS: E’ la storia di Anna, eroina par amore degli altri. Vive a Napoli, città che subisce il fascino e l’inquietudine del suo mare. Anna, cedendo a suggestioni oniriche, vede il mare dilatarsi o scomparire in un vortice inarrestabile. Su di lei incombono troppe responsabilità: figli, marito, genitori. Ancora ragazzina è stata costretta a farsi carico di problemi familiari più grandi di lei. Ora a quasi 50 anni le sembra di ritrovarsi sempre in balia degli altri. Momenti belli si alternano a momenti drammatici, che affronterà con coraggio fino a trovare il suo equilibrio.
Abbiamo letto che il copione era già pronto dal 2008. Di chi è stata l’idea? Come è nata? E quale strada è stata compiuta in questi anni?
LS: L’idea è stata di Beppe, ed Isabella ed io l’abbiamo subito…”adottata”. La strada percorsa in questi anni è stata lunga e laboriosa, un po’ sofferta anche…
IS: …Addirittura la prima versione risale al 2005. Nel 2007 la sceneggiatura riceve il premio sviluppo sceneggiatura dal MIBAC, e nel 2014 vince in Francia il sostegno di Cinémas du Monde dal C.N.C. (Centre National du Cinéma et de l’Image Animée). Nonostante quest’era eterna…i temi, gli accadimenti, i sentimenti di Anna sono sempre rimasti gli stessi.
C’è stato qualche cambiamento importante tra il copione e il girato? Perché?
LS: Dal primo copione al girato i cambiamenti sono stati molti. Il primo copione era più drammatico. Con Isa abbiamo voluto dare ad Anna qualche chance.. L’abbiamo fatta uscire e l’abbiamo anche fatta innamorare! Ma, per richiamarci a Dante (motivo che ricorre nel film, idea di Beppe) ” Galeotto fu..” ! Si è dovuto rinunciare a tanti episodi, qualcuno anche divertente, ma non si potevano fare dieci film. Già è stato difficile girarne uno, soprattutto per le difficoltà dei costi, che all’inizio erano molto alti.
IS: per quanto riguarda l’ultimo copione, le modifiche sono state solo di tipo produttivo (leggi: ‘tagli’…), ma l’idea fondante, la storia, il soggetto di Giuseppe sono comunque salvi. Anzi: alcune riprese hanno enfatizzato quello che in scrittura era appena accennato. Questa è una nostra ‘tecnica’: non scriviamo tutto per non spaventare i vari interlocutori legati all’aspetto produttivo, in questo panorama italiano un po’ asfittico…
Con Gaudino lavorate ambedue da anni, Isabella è anche produttrice dei suoi film e regista di altre opere nate sempre dalla società Gaundri. Opere che reinventano il documentario e l’uso delle immagini già girate da altri sulla stessa materia. Cosa dobbiamo aspettarci da Per amor vostro? Una totale operazione di fiction o anche qui ha fatto in qualche modo intrusione la passione per la testimonianza del reale?
IS: Vorrei precisare che in un solo caso abbiamo fatto di uso di immagini girate da altri: in Per questi stretti morire , lavoro dedicato all’esploratore della Terra del Fuoco e cineasta Alberto Maria De Agostini, che documentò la sparizione degli indios nei primi trent’anni del ‘900.
Abbiamo realizzato in questi anni dei filmati ‘fuori formato’, che non si possono certo definire dei ‘documentari’, sempre alla ricerca di nuovi linguaggi, anche visivi e sonori.
Comunque il cinema di Gaudino è sempre una trasfigurazione del reale, è la narrazione del reale a più livelli, dove la realtà viene sfaldata, scomposta, rivoltata, reinventata attraverso il filtro emozionale dei personaggi. Forse è una super-realtà, una meta-realtà, un’intra-realtà. Comunque una realtà che viene lavorata, ritessuta e intrecciata minuziosamente per poi diventare qualcos’altro.
LIS: Anche se è certamente un’opera di fantasia, testimonia le difficoltà di una realtà attuale.
La storia di una donna. Siete donne, di diverse generazione, legate da un rapporto familiare. Come vi siete ritrovate a raccontare questa storia? I punti di vista erano differenti e le differenze sono diventate arricchimenti, o al contrario, la pensate proprio allo stesso modo e l’età non conta?
LS Eh sì… più di 20 anni di differenza, e proprio due generazioni! Ma i punti di vista sono stati spesso condivisi anche se i nostri caratteri sono diversi. Io sono molto più tradizionalista…Le nostre differenze di opinioni hanno portato curiosità, idee, ricerca. Non troppe discussioni. Io discuto poco. Con Beppe invece abbiamo discusso …e molto, specialmente Isabella, che è molto più decisa di me. Beppe è un inarrestabile fiume di idee e all’inizio sembra impossibile venire a patti con lui , poi piano piano si arriva a un compromesso (raramente). Ogni nuova idea che sviluppavamo, veniva ampliata ed a quel punto modificarla era come strappargli il cuore. Sulle emozioni abbiamo lavorato molto, per cercare di renderle semplici senza svilire il messaggio che lui voleva trasmettere. Altro che fuochi d’artificio! Ma in fondo ciò che lui voleva, era arrivare a presentare al pubblico la ” sua” Anna, sempre in bilico tra sogni e realtà…
IS: E’ stato un bel percorso assieme. Su tante cose ci siamo trovate d’accordo. Soprattutto volevamo che Anna fosse un personaggio veramente complesso, che conteneva molti aspetti contrapposti del carattere. E se faceva certe cose, se agiva in un certo modo, volevamo che non fosse mai ‘sciocca’ o ‘gretta’ o poco simpatica. La amavamo, pur con i suoi difetti (tra cui il più grave, quello dell’ignavia), e volevamo il suo riscatto. Volevamo assistere alla sua nascita. La nascita della nuova Anna. In questo abbiamo messo tutte le nostre aspettative, in questi lunghissimi anni di lavoro. La sfida era riuscire ad amarla, perché dentro di sé Anna ha sì l’Inferno, ma anche grandi potenzialità. Vorremmo che per tutte le donne ci fosse questa possibilità di alzare la testa, di riscattarsi, di fondare una nuova esistenza.
Una donna eroina è una donna che non si fa più proteggere e impara invece a proteggere. E’ la lezione del film? Volevate dire questo o cosa?
LS: Anna è una donna alla ricerca del coraggio perduto. Ha sempre elargito protezione e quando ha ceduto ai sentimenti, credendo di aver trovato un affetto, un punto d’appoggio, si è scontrata con una durissima realtà. Se il film ha una lezione, è nel coraggioso riscatto di Anna.
IS: Sì, certo. Volevamo raccontare come nasce (o rinasce) una coscienza, e come in seguito a questo, si può dare un nuovo corso al proprio destino. Solo volendolo, senza attribuire ad altri colpe o compiti, senza deleghe. Alla fine volevamo trasmettere un impeto di gioia, una grande vitalità.
Napoli e il napoletano. Molti film della Gaundri, firmati Gaudino e Sandri, si occupano di questo territorio. Perché?
LS: Io sono veneta e penso che molte situazioni non debbano essere necessariamente ascritte al territorio napoletano, potrebbero appartenere a qualunque altra citta o regione. I sentimenti, l’emotività, la sofferenza, l’illusione, i sogni non hanno un riscontro geografico.
IS: Perché Pozzuoli è il luogo di nascita di Giuseppe. Perché amo lui e i suoi luoghi. E Napoli, i Campi Flegrei. Ma prima di questo, amo tutti i Sud del mondo. Comunque sono d’accordo con la risposta di mia madre: i sentimenti sono ovunque gli stessi, cambiano solo forse la temperatura e la coloritura. Sono dettagli, alla fine. Diciamo che, non solo per consuetudine, ma vediamo nei vari sud del mondo, una deflagrazione, un’esagerazione, a volte festosa o drammatica, di elementi che altrimenti sarebbero compressi e spesso mortificati.
I vostri film sembrano non andare in cerca dei gusti del grosso pubblico, ma al contrario privilegiare la coerenza espressiva degli autori, come se foste certe che quando c’è un legame autentico con il cuore, c’è anche uno scambio assicurato con gli spettatori. Sbagliamo? Ne avete avuto conferma?
IS:… drammi della distribuzione italiana permettendo, quando il pubblico riesce a raggiungere e a vedere i nostri lavori, ci dà sempre ampie soddisfazioni. La complessità e queste nostre ‘stratificazioni’, portano sempre a ragionamenti, discussioni, incontri con un pubblico assolutamente curioso, aperto e coraggioso. Voglio dire: quel pubblico lì esiste, anche se è mortificato dall’impoverimento degli investimenti nell’ambito della cultura e dello spettacolo in Italia.
Per amor vostro racconta personaggi cari al neorealismo: poveri, in lotta con il proprio ambiente, innocenti e sinceri. Vi ci ritrovate? E’ questo il cinema italiano che resta valido oltre i nostri confini? Contate su un mercato internazionale?
IS: Pur amando (molto) i personaggi del neo-realismo, ci sentiamo a pieno titolo abitanti di questo nostro mondo contemporaneo. E forse anche i poveri, le anime sincere e innocenti tanto care al neo-realismo sono cambiate. Non sono più così tanto ‘nitide’, facili da descrivere. Allora c’era la cartina tornasole del dopo guerra. Tutto era più facilmente leggibile. Adesso bisogna scavare oltre alle facciate delle varie vite, create dalle psicosi legate alla sopravvivenza. Ma un’idea di sopravvivenza distorta, affidata a valori effimeri, non sostanziale, intossicata da altro.
Per quanto riguarda il mercato internazionale, voglio ben sperare che l’interesse che abbiamo noi per tutte le altre cinematografie del mondo, sia reciproco. Immagino di sì, che la reciprocità ci possa essere.
Il sistema produttivo. Barbera nella conferenza stampa ha detto che si producono troppi film a basso costo, che il low budget non produce qualità. Voi avete anche una competenza produttiva. Siete d’accordo?
IS: Il low-budget può anche non produrre qualità ma quello che è sicuro è che produce sofferenza. E dalla sofferenza è molto difficile far nascere qualcosa di buono. E se ci si riesce il prezzo è altissimo. Ma siamo cattolici, qui in Italia, e forse siamo convinti che per strappare un po’ di bellezza e poesia, e significato, dobbiamo soffrire. A questo siamo abituati, ma non rassegnati. Questo mai. Abbiamo addosso una grande rabbia. E continuiamo a cercare in tutti i modi di realizzare i nostri lavori. Ma si parla spesso di ‘volontariato’, dove lo Stato è assente, o c’è in forma minima. Ma non è così, o sta diventando così, qualunque aspetto della vita civile, sociale, di questo nostro Paese?
La cosa più importante, a questo punto, è salvare una certa dignità dell’anima. Anche se poveri non essere poveri di idee, e combattere per la loro difesa.
Abbiamo avuto, e abbiamo, per fortuna quella che potrei definire una rete di sostegno, fatta di molti collaboratori che sono come noi, che la pensano come noi, e che condividono questa stessa rabbia.
Il sistema distributivo. La sfida di Netflix per Beast of no nations: il film uscirà nelle sale e in rete contemporaneamente il 16 ottobre. E’ la soluzione? E’ una pazzia? Qual è il futuro delle sale cinematografiche?
IS: credo che tutto sia in divenire e tutto cambierà. Come si veicoleranno i sogni e l’immaginario degli umani nel futuro, è tutto da vedere. Ci adatteremo a nuove modalità per nutrirci di questi sogni, di questo immaginario. Quello che mi fa ben sperare è che sembra che questo bisogno, questa fame, siano eterni e che esistano da quando esiste l’uomo (o anche prima?).
Il ministro Franceschini si è impegnato a varare entro l’anno una legge sul cinema e ha chiamato le associazioni di categoria a consulto. Ne sapete qualcosa? Cosa vorreste che WGI andasse a dire al Ministro?
IS: Bisogna che si ritorni a dare ossigeno al FUS, reintegrando quello che è stato via via tagliato in questi anni. Questi fondi assegnati alla cultura e allo spettacolo non sono una ‘spesa’ per lo Stato, ma un vero investimento, una grande risorsa economica, che dà lavoro e crea l’identità di un Paese, ne difende le idee, la democrazia.
Chi scrive è abbastanza protetto nei suoi diritti in teoria, sulla base della Legge sul diritto d’autore. Ma nella prassi? Gaundri è nata come forza suppletiva, d’accompagno a una volontà autoriale?
IS: La Gaundri è l’ossatura di una volontà autoriale e le permette di esprimersi.
Lo sapete: nei festival e sulla stampa la visibilità va al regista e agli attori di un film. Secondo voi è utile cercare di dare la parola agli sceneggiatori, come la WGI fa, o va bene invece che restino dietro le quinte, tanto…
IS: Purtroppo non sono la persona più adatta a rispondere a questa domanda. Tutti contribuiscono alla realizzazione di un film. Se no il film non esisterebbe. Voglio dire: l’aiuto, la professionalità, il talento, le energie dei collaboratori, delle varie figure che concorrono alla riuscita di un film, sono da rispettare. E con loro gli sceneggiatori. Senza di loro ci sarebbe ‘il Nulla’. Però per me la potenza delle immagini è l’aspetto più importante in un film. E la parola viene sempre dopo. Vero anche però che senza ‘racconto’, le immagini (a volte, non sempre) sono meno ‘potenti’. Ma bisognerebbe che il cinema in Italia fosse meno un cinema legato alle parole, meno parlato, e che si affidasse di più al potere evocativo delle immagini.
Quali sono i problemi principali degli sceneggiatori che non si stanno affrontando? Le esigenze di cui non si parla?
IS: Esiste in Italia una forma molto nascosta, sommersa ma non per questo meno pesante, di censura. Una censura ‘a monte’, quando ancora si è allo stadio iniziale della scrittura. Parlerei quindi di un’auto-censura. Temi di cui non si può parlare perché tabù. Lo sto affrontando, questo aspetto, adesso con il mio ultimo progetto dal titolo Un Confine Incerto, a cui sto lavorando dal 2009. A giugno ha ottenuto il finanziamento da parte di Eurimages– raro caso di progetto italiano approvato in queste ultime sessioni – proprio grazie al suo soggetto, alla sua sceneggiatura, che parla di un tema difficilissimo.
Ma magari di questo parleremo un’altra volta…
Qualunque tema, aspetto della realtà, anche il più difficile, sconvolgente, imbarazzante, traumatizzante, nelle serie televisive americane o francesi o inglesi, viene ‘sdoganato’, affrontato e raccontato in maniera assolutamente coraggiosa e splendida e apprezzato da un pubblico vastissimo, anche in Italia. Ma l’Italia no, certe cose non le può raccontare.