Cosa chiedere a Netflix
Nicola Borrelli striglia il cinema italiano
Non moltissimi operatori del settore audiovisivo hanno avuto il coraggio di sfidare il caldo torrido della giornata del 15 luglio e raggiungere il Centro Sperimentale di Cinematografia dove veniva presentato il Rapporto 2014 sul Mercato e l’Industria del cinema in Italia giunto alla settima edizione e curato dalla Fondazione Ente dello Spettacolo e dalla Direzione Cinema del Mibact.
Un tomo di 542 pagine che da quest’anno si arricchisce di una sezione riservata al Panorama Internazionale e dedicata a Cuba e al Festival International del Nuevo Cine Latinoamericano.
Una breve carrellata sui numeri: nel 2014 con 201 film l’Italia ha riconquistato la decima posizione al mondo per la produzione di film (guida la classifica l’India con 1.966 pellicole) ed è il primo Paese in Europa per numero di film con una produzione al 100% domestica.
A fronte di numeri piuttosto confortanti, si assiste alla diminuzione delle co-produzioni internazionali e alla costante riduzione degli investimenti medi.
A livello produttivo il comparto rimane molto frammentato. Sono 6.139 le aziende attive nell’audiovisivo in Italia e di queste solo 95 hanno più di 50 dipendenti.
L’intervento più vivace è stato quello di Nicola Borrelli che per nulla confortato dai numeri lancia un segnale di allarme dichiarando che il cinema italiano sta bene ma non ci si può certo adagiare. Il settore dell’audiovisivo è vivo, o meglio sopravvive, ma i nostri film o i nostri format non coinvolgono altri pubblici europei, sono praticamente scomparsi dalle vendite internazionali.
Anche la Danimarca va meglio di noi! Ci accontentiamo dell’Oscar a Sorrentino e delle vendita di Gomorra ma negli ultimi 3 anni non abbiamo esportato un solo format!
E in fondo il cinema italiano continua a essere quello di Fellini e dei grandi maestri del passato.
Sono sempre tre anni che la quota di mercato dei film italiani nel nostro Paese diminuisce (rischiando di scendere al 20%), così come diminuiscono gli investimenti.
L’ultima battuta di Borrelli è una provocazione: se Hollande ha chiesto a Netflix di investire nella produzione di film francesi, noi cosa chiediamo?
Ecco, forse noi autori dovremmo invitare il nostro Presidente del Consiglio a fare lo stesso per dimostrare la stessa capacità del governo francese (che sul sistema dell’audiovisivo citiamo come esempio da almeno trent’anni senza essere mai riusciti a copiarlo) di assicurarci un apporto finanziario da destinare a favore della produzione audiovisiva domestica a mo’ di compensazione dei ricavi che affluiranno nelle casse della società americana (quando sbarcherà anche in Italia). Questa è una delle partite da giocare nel prossimo futuro.
Carla Di Tommaso
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