Futuro perfetto
Alfredo Arciero e Alessio Billi, soci WGI, hanno scritto Futuro Perfetto, un thriller psicologico che racconta di una donna fragile, impaurita e ancora innamorata del suo carnefice.
La sceneggiatura è stata condensata in un trailer promozionale, realizzato a Barcellona col sostegno del regista Alfredo Arciero e della produzione Gris Medio.
Si tratta di un coraggioso tentativo di uscire dalle frontiere italiane per realizzare un film internazionale, con le modalità tipiche del genere, una tematica esportabile e sentimenti universali.
Alfredo, Alessio, qual è la genesi della sceneggiatura di Futuro Perfetto?
Alessio: La sceneggiatura ha avuto una genesi lunga e travagliata. Nasce dal desiderio di raccontare una storia di genere, con gli stilemi tipici (la suspense, la spettacolarità, i colpi di scena) e un personaggio femminile interessante, che non crede in se stessa e deve affrontare un percorso di crescita. Io ed il mio compagno di scrittura volevamo che la storia possedesse un valore terapeutico e per questo abbiamo immaginato una protagonista che cerca di riacquistare fiducia in se stessa e prova a cogliere le opportunità a volte imprevedibili che la vita le offre.
Perché avete deciso di cercare finanziamenti fuori dall’Italia?
Alfredo: E’ stata una scelta casuale, dettata dall’esigenza di non lasciare il nostro copione ad impolverarsi sopra le scrivanie dei produttori italiani, impigriti e scoraggiati da un mercato interno a dir poco asfittico. Determinante è stato l’incontro con l’attore/regista Angelo Orlando, che da tempo vive e lavora a Barcellona, dove ha messo in piedi una giovane società di produzione, la Gris Medio, con cui ha realizzato un suo film da regista e vari prodotti audiovisivi. Io ho visto il suo film e lui ha letto il nostro copione. Ci siamo confrontati e abbiamo pensato che il progetto avesse ottime potenzialità per il mercato spagnolo – per tematiche e genere – e quindi ci fossero tutti i presupposti per collaborare e provare a montare il film, partendo dalla realizzazione del trailer.
Alessio: Per quanto mi riguarda, fin dall’inizio, trattandosi di un film di genere, ho pensato che la storia potesse essere distribuita ovunque. A mio avviso, la forza di Futuro Perfetto è la sua capacità di parlare in modo trasversale a ogni latitudine. A confermarlo è stata proprio la realizzazione del trailer in Spagna. Le scene del nostro copione, recitate in un’altra lingua e ambientate in un altro contesto, hanno conservato identica intensità emotiva ed efficacia narrativa.
Futuro Perfetto è stata scritta in italiano ma subito è stata fatta una versione in inglese da una traduttrice a cui abbiamo affidato il lavoro, perché l’Italia ci stava stretta e avvertivamo la necessità di esportare una storia con emozioni universali. Secondo Delluc, il cinema è un grande mezzo per conversare tra i popoli ed uno sceneggiatore dovrebbe sentire l’urgenza di interessare e coinvolgere nel suo racconto persone di ogni ceto sociale, credo e cultura.
In che modo uno sceneggiatore diventa regista? La competenza in entrambi i campi facilita il compito della messa in scena?
Alfredo: Per quanto mi riguarda è stato un passaggio naturale perché non è la mia prima esperienza. Ho iniziato giovanissimo come assistente alla regia e autore/regista in teatro poi negli anni, oltre a lavorare come sceneggiatore “puro” per serie tv e film cinema, ho scritto e diretto 3 cortometraggi e 2 lungometraggi. Sono per me due attività compatibili che alterno a seconda delle occasioni che si presentano anche se scelgo di cimentarmi nella regia solo quando sento che una storia mi “appartiene” più di altre. Come nel caso di Futuro Perfetto.
Da sceneggiatore, per me cambia poco nell’approccio alla scrittura, se non avere l’utile vantaggio in fase di ideazione delle scene, di conoscere bene le esigenze pratiche di un set cinematografico. Da regista di un film scritto da me, ho una maggiore padronanza della struttura, dei personaggi che mi permette di lavorare con profondità e soprattutto di rispettare il lavoro degli altri sceneggiatori che collaborano al film, come nel caso di Alessio con cui il confronto è continuo e costruttivo.
Che tipo di accordi ci sono con la produzione spagnola?
Alfredo: Ho fatto un accordo di co-produzione con la Gris Medio che, una volta varato il teaser, si è impegnata con gli sceneggiatori e il regista a provare a realizzare il film entro due anni. Per me l’impegno economico è stato un passo che ho ponderato a lungo ma alla fine ho deciso di compierlo perché sono convinto che uno sceneggiatore debba essere il primo a credere nelle sue storie.
Qual è la principale difficoltà di una co-produzione?
Alessio: La principale difficoltà è trovare un accordo tra due produttori diversi, che si confrontano con platee di culture differenti, hanno riferimenti di mercato dissimili, un personale tecnico di fiducia ed uno star system peculiare.
Più in generale la seconda difficoltà, talvolta insormontabile soprattutto in Italia, è convincere qualcuno a investire tempo, energie e capitali su una storia che non è fondata su un brand e su una reputazione solida. Muccino, Sorrentino, Garrone, Tornatore e Salvatores hanno tutti una forte identità e sono gli unici registi italiani conosciuti all’estero. Montare un film con uno di questi registi significa sapere anticipatamente che stile avrà il film e che tipo di caratteristiche possiederà, e d’altra parte consente al reparto marketing ed agli uffici stampa di lavorare con desideri e aspettative di un pubblico internazionale e dare risonanza ad un prodotto riconoscibile. Nel caso di Futuro Perfetto c’è una maggiore alea, si viaggia su territori dai confini incerti ed i produttori devono scommettere sul successo della storia dando fiducia alle potenzialità del film. Per chi ha pensato il progetto si tratta ovviamente di una scommessa vincente, che ripagherà gli sforzi di chi si sta impegnando a trasformare dei sogni in realtà.
Cosa vi ha spinto a raccontare una storia di violenza sulle donne?
Alfredo: Nel film c’è una battuta ispirata a una risposta vera di una donna che è stata vittima per anni di violenze da parte del marito, e che spiega come avesse fatto a resistere così a lungo: “Speravo di cambiarlo con il mio amore”. Una risposta che mi ha accompagnato sempre, dalla scrittura del film alla realizzazione del teaser. Nonostante tutto, c’è sempre la speranza o l’illusione di cambiare qualcuno o qualcosa con la forza dell’amore. Ecco, con questo film anche io ho l’intima speranza di dare un piccolo contributo. Ho due figlie femmine e vorrei per loro un mondo migliore, dove uomini e donne possano convivere e confrontarsi con amore e rispetto reciproco. Alla pari.
Alessio: Il tema oggi è molto inflazionato e a dire il vero quando abbiamo cominciato a scrivere la sceneggiatura non si parlava tanto di stalking. In Italia c’è un femminicidio al giorno e che si dibatta di questi reati e si metta in discussione un atteggiamento culturale maschilista e prevaricatore non può che farmi piacere. Ma il mio intento con Futuro Perfetto non era quello di fare un film sociale. Sono partito dalla volontà di raccontare un personaggio con una dipendenza affettiva e scarsa autostima. Due difetti che attanagliano la civiltà occidentale. Futuro Perfetto vuole riflettere sulla perdita della fiducia. E lo fa attraverso le modalità del thriller psicologico. E’ una storia che vuole emozionare il pubblico, sorprenderlo con continui ribaltamenti, prendere direzioni inaspettate e mettere al centro una eroina fragile, sofferente, con una forza interiore che scopre di possedere grazie all’amicizia con il suo vicino di casa. Quindi è una storia pensata per un pubblico ampio, che vuole essere popolare nel senso buono del termine. Il copione di Futuro Perfetto si basa sull’evoluzione di due personaggi centrali. C’è la protagonista, che è schiacciata dai sensi di colpa ed è priva della gioia di vivere, della dignità, della fiducia in una prospettiva diversa, e poi il suo vicino di casa, un professore omosessuale che ha reciso i legami con il passato e si è nascosto in un appartamento di periferia. Entrambi scappano da qualcosa di ingombrante, entrambi si sentono soli in una grande metropoli e desiderano un futuro diverso, ma non sappiamo se avranno il coraggio di affrontare tanti cambiamenti. Le loro solitudini si incontrano e questo li aiuta ad aprire gli occhi sulla negatività del presente.
Qual è l’elemento di originalità della storia?
Alessio: Futuro Perfetto è una storia diversa da tutte le altre. Un thriller d’autore, con una sua poetica specifica ma anche con un modo di raccontare innovativo e sorprendente.
In un’epoca di contaminazioni, abbiamo mescolato la storia di fuga di Al letto con il nemico, un percorso di redenzione con una forte verità psicologica ed uno spiccato realismo, alla storia con venature soprannaturali del tipo di The gift o Sliding Doors. Abbiamo fuso il thriller psicologico con il mito greco di Cassandra e ricavato da questa mescolanza effetti narrativi esplosivi e originali. Tutti da scoprire, per il pubblico. Perciò non faccio anticipazioni.
Che esperienza è scrivere in coppia e ci sono vantaggi se uno sceneggiatore è anche il regista dell’opera?
Alfredo: Io e Alessio abbiamo già collaborato insieme su altri progetti e in fase di scrittura, specie nelle prime stesure, ho sempre cercato di pormi come sceneggiatore e mai come eventuale regista del progetto. Il confronto è stato continuo e abbiamo avuto la forza e la generosità di metterci in discussione nelle occasioni in cui abbiamo avuto opinioni diverse come è normale che capiti nel corso della scrittura di un film.
Alessio: E’ innegabile che avere un regista che scrive anche il film è un grande vantaggio. Quando il regista subentra dopo la fase della scrittura tende a mettere le mani sul testo, a fare aggiustamenti e revisioni pesanti, anche solo per ragioni psicologiche, per affermare il suo primato. Se il regista invece condivide la genesi del film sulla carta, e partecipa attivamente al copione, allora tutte le risorse artistiche si muovono nella stessa direzione fin dall’inizio.
Che differenze c’è tra scrivere per la televisione e scrivere per il cinema?
Alessio: Secondo Morandini, esistono film in cui avvengono azioni così folli che hanno bisogno del buio della sala per sembrare accettabili. C’è nel cinema una vena di follia, di anarchia, di completa libertà che in televisione non hai. Almeno non nella fiction italiana.
Il cinema è come vivere un sogno e in esso è tutto lecito. Hai uno spettacolo unico, un singolo prototipo, che deve affascinare così tanto da spingere migliaia di persone ad uscire da casa, parcheggiare l’auto e pagare un biglietto salato per vedere l’opera, abbandonandosi alla messa in scena. In cento minuti devi raccontare qualcosa che per lo spettatore possa essere significativo e problematico, e fornire un punto di vista critico su un problema, su un tema, su un aspetto della vita, tanto che al ritorno a casa lo spettatore ne parli ed abbia la sensazione di aver visto un evento unico nel suo genere. Le conseguenze dell’amore, Il discorso del Re, The artist, Il grande capo e Interstellar sono film che creano una magia unica che non è minimamente paragonabile all’esperienza televisiva. Il cinema vincerà la sfida con altri tipi di intrattenimento solo se conserverà questa forza irrazionale e passionale che travalica tutte le frontiere del mondo conosciuto.
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