Pulcinella: un Batman napoletano
Massimo, poiché non tutti i soci WGI conoscono la tua storia, che ne dici di presentarti con un pitch su di te?
Napoletano da generazioni, a vent’anni scrivevo radiodrammi un po’ visionari interpretati da Toni Servillo e Licia Miglietta, anche loro molto giovani. Nel 1986 salgo a Roma a lavorare per Rai3. Negli anni ho conosciuto Age, Ennio De Concini, Nino Manfredi. Ognuno, a modo suo, mi ha insegnato qualcosa. Lezioni che ho messo in pratica scrivendo tanta fiction. E un film per il cinema.
Elvjs e Merilijn, regia di Armando Manni…
Uscì nell’estate del 1998 e fece incassi irrisori. Ma a distanza di tre lustri c’è sempre qualcuno che lo ricorda con piacere, “Ahhh sì, ma dài… Elvjs e Merilijn…”.
Come si passa dalla serialità televisiva a una serie di romanzi?
Be’, un po’ per caso e un po’ no.
Cominciamo dal caso.
È stata una questione di cani. Il mio cane e quello dell’editor di e/o, il bravissimo Claudio Ceciarelli, si piacevano. Così abbiamo fatto amicizia. E poi amo la serialità narrativa, che sia declinata per la tv o per un altro medium. Ho sempre creduto nel suo potenziale drammaturgico, soprattutto perché hai più tempo per scavare nei personaggi rispetto ai cento minuti di un film per il cinema. Quand’ero a Napoli proposi al quotidiano Il mattino un romanzo d’appendice, come quelli di una volta. La cosa stava per partire, poi cambiò il direttore e addio progetto.
Stavolta invece ce l’hai fatta e sei all’inizio di una serie di romanzi su Pulcinella, il tuo Pulcinella. Di cosa parla questo primo libro?
Chi ha paura di Pulcinella? è la storia di Pulcinella che fa piazza pulita della camorra del rione Sanità.
Questo è il pitch del libro, che voglio completare con poche frasi tratte dal sito della casa editrice. “Della maschera tradizionale vengono ripresi alcuni caratteri come quello di Pulcinella-giustiziere che sbeffeggia i potenti, ma in questo romanzo Pulcinella si muove in una Napoli di oggi oppressa dalla camorra, una Napoli purtroppo molto vera dove albergano prepotenza e violenza.” È davvero così brutta la situazione a Napoli?
Ti spiego. Un po’ più di due anni fa tornavo da Napoli ed ero carico di sensazioni opposte. Perché è una città che non ti lascia mai indifferente, nel bene e nel male. Da un lato mi portavo dietro gli umori genuini e meravigliosi che soltanto una città così può darti, soprattutto se sei napoletano. E io amo Napoli. E dall’altro avevo addosso l’inquietudine suscitata da problemi secolari, tipici di una città stupendamente stimolante e creativa, ma dove è più difficile che altrove concretizzare idee e passioni. Se negli ultimi tempi lo scandalo dell’immondizia napoletana – notizia che aveva fatto un po’ il giro di mezzo mondo – è rientrato e parzialmente tenuto sotto controllo, resiste un groviglio di problemi antichi ed enormi.
Primo fra tutti la camorra.
Anche, soprattutto. Ma non soltanto la camorra. Napoli è un amplificatore dell’Italia e
forse del mondo intero. Tutto a Napoli viene esagerato, ingrandito, intensificato. A Napoli ti senti schiacciare da problemi che sembrano irrisolvibili e infatti restano irrisolti. Così napoletani e italiani, quando vedono qualcuno disposto a salvarli, accettano e gli consegnano persino le chiavi di casa, tanto sono disperati. Puntualmente il salvatore in questione non risolve i problemi, ci delude tutti e ci fa venire la rabbia di chi pensa: “Ma come, ti ho dato pure le chiavi e casa mia la riduci a un porcile?”.
Quindi c’è bisogno di uno come il protagonista di Chi ha paura di Pulcinella?, cioè uno che risolve i problemi senza per questo chiederti le chiavi di casa.
Una figura importante nell’immaginario napoletano come Pulcinella era sparita e sentivo il bisogno di riportarla in scena. Un Pulcinella naturalmente aggiornato, più moderno. Uno che fa quello che deve fare da solo, ma che non è privo di alleati, tra i quali un ragazzino di nome Diego Armando. Alleati ai quali non rivela la sua identità segreta, tranne che a uno. Sono persone che a loro rischio e pericolo accettano di andare controcorrente, di fare qualcosa in favore di quel giustiziere che sta facendo qualcosa per Napoli.
Ogni supereroe in fondo ha bisogno di alleati.
Infatti. Ma se il Pulcinella del romanzo è un supereroe, i veri eroi sono loro. Loro e tutte quelle persone normali che cercano di guadagnarsi una vita dignitosa senza compromettersi col malaffare. Eroi, senza bisogno di aggettivi. E questo vale tanto più al rione Sanità, ma non di meno nel resto d’Italia e perché no, del mondo conosciuto.
E sotto il mondo conosciuto c’è quello sconosciuto. Infatti il tuo Pulcinella conosce e usa le tenebre della Napoli sotterranea che giace sotto quella odierna.
Pulcinella è, prima che un supereroe, una figura dell’inconscio. Per questo si muove nei sotterranei di Napoli, decine di chilometri di vecchie strade e passaggi ora sepolti. Una città parallela che rappresenta l’inconscio stesso dei partenopei e in fondo di tutta l’Italia. Però Pulcinella non passa soltanto il suo tempo a combattere la malavita e a correre in gallerie dimenticate: è un essere umano con una vita quotidiana e un cuore che batte per Rosa, una ragazza presa di mira dal capoclan.
Dunque c’è anche una storia romantica in Chi ha paura di Pulcinella?.
Be’, in fondo tutto il romanzo è una storia romantica. Romantica perché contempla personaggi puri, così puri da non accettare la cattiveria altrui. Così puri e quindi romantici da esprimere ideali incompatibili con la cinica e durissima realtà, quella in cui noi tutti viviamo o sopravviviamo.
Chi ha paura di Pulcinella? è il primo di quattro romanzi.
Almeno quattro. Perché ho già chiaro in mente un arco narrativo molto ampio, che va oltre i quattro volumi in programma. Vedremo. Intanto il secondo libro, Uccidete Pulcinella, esce a fine primavera del 2015.
Libri a parte, cosa stai combinando su altri fronti?
Un film per il cinema, che sarà diretto da Vincenzo Terracciano. E una serie per Rai1, di cui non dico nulla per scaramanzia.
Ti facciamo in bocca al lupo per Pulcinella e gli altri progetti, ma chiudiamo con un messaggio per i soci Guild.
Guarda, sono sempre stato scettico verso certe associazioni di categoria. Tant’è vero che non ero iscritto alla SACT. Ma la Guild sta facendo cose davvero importanti. A costo di assumere posizioni scomode, porta avanti battaglie che, soprattutto in questi anni, trovo del tutto condivisibili. Anni dove il lavoro di coloro che scrivono viene poco rispettato e pagato sempre meno. Eppure senza il nostro lavoro, il lavoro di tutti gli altri – attori, registi, produttori – non esisterebbe. Un’ingiustizia che innesca circoli viziosi, primo fra i tutti il conseguente abbassamento della qualità di tutti gli altri reparti dell’audiovisivo. Insomma, ci vorrebbe un Pulcinella anche qui…
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