IntervisteWGI si racconta

Uonderbois

Barbara Petronio racconta della serie Disney di cui è creatrice, sceneggiatrice e produttrice esecutiva

Vincitrice del David di Donatello nel 2017 per la Migliore sceneggiatura originale per Indivisibili e autrice della serie Suburra, Barbara Petronio, membro di WGI, con la sua scrittura ha collezionato successi acclamati dal pubblico e dalla critica tanto sul piccolo quanto sul grande schermo, come ACAB – All Cops Are Bastards (2012), Romanzo criminale – La serie (2008 – 2010), A casa tutti bene – La serie (2021) e molti altri. Della serie Disney Uonderboi, attualmente disponibile su Disney+, però Petronio è creatrice, sceneggiatrice e anche produttrice esecutiva, in sintesi, per usare un termine che purtroppo in italiano non trova ancora un suo preciso corrispettivo, vera e propria showrunner.  Un traguardo che lei stessa auspica possa aprire la strada ad un maggiore riconoscimento dei crediti degli sceneggiatori, come il “created by”, e ad una nuova e diversa concezione del ruolo degli autori specialmente nella serialità.

In una intervista a WGI Barbara Petronio racconta il suo percorso di questo intenso ultimo periodo, con le difficoltà affrontate e gli ostacoli che ancora restano ancora da superare.

Le leggende popolari, i segreti antichi di una Napoli magica e misteriosa, accessibile solo a coloro che sanno vedere oltre le apparenze, sono la cornice in cui si inserisce il racconto di Uonderbois. Da dove nasce l’idea per questa storia e chi sono i suoi protagonisti?

L’idea nasce nel 2016 dopo che Giorgio Romano (che poi è diventato uno dei registi della serie, insieme ad Andrea De Sica) ci invita per un weekend nella sua città, Napoli. In poco più di 48 ore visitiamo i posti più turistici e quelli ancora meno noti, una full immersion totale bellissima ed estenuante. Torniamo a casa con un bagaglio di informazioni e di emozioni che sentiamo subito l’esigenza di mettere su carta. Nasce così l’idea di fare un racconto con protagonisti dei bambini e inserirlo nel magico contesto che avevamo appena visto.

I protagonisti sono 5 ragazzini che credono nella magia della loro città, Napoli, e decidono di partire all’avventura. Si catapultano nella Napoli sotterranea per salvare un loro amico e lì fanno tante scoperte e trovano tante risposte… mentre sopra i genitori e una strana signora apparentemente anziana li cercano.

Qual è secondo lei l’aspetto più affascinante di questa serie e cosa ha catturato l’attenzione della Disney verso un soggetto del tutto originale, fatto assai raro per le produzioni italiane?

Credo che sia guardare la realtà con gli occhi di un bambino, senza cinismo e pregiudizio. La stessa città che agli occhi degli adulti sembra un posto da cui fuggire, ai bambini sembra un paradiso pieno di avventure e posti da scoprire. Questo aspetto è sempre stato alla base della nostra idea e credo che sia la cosa che ha colpito anche Disney.

Oltre all’originalità del soggetto, Uonderbois rappresenta un caso del tutto unico e innovativo per il mercato italiano sotto altri diversi aspetti, a cominciare dal ruolo ricoperto da lei, che non solo ne è creatrice e sceneggiatrice, ma anche produttrice esecutiva, in sostanza vera e propria showrunner della serie, probabilmente, per la prima volta nel nostro Paese.

Sì per la prima volta nella mia carriera, ho potuto avere un controllo effettivo su molti aspetti della serie. Non solo  sulla parte della scrittura, come ormai sono abituata a fare da tanti anni, ma anche su tutto il resto. La scelta dei registi, degli attori, di tutto il cast artistico e tecnico è stato un processo che in qualche modo è partito da me e poi discusso con Disney e la produzione.

Il look della serie è stato frutto di un’intensa collaborazione coi registi, uno scambio continuo di opinioni, suggestioni e idee che è stato bello e stimolante. Abbiamo lavorato insieme per costruire questa serie, senza prevaricazioni ma confrontandoci su tutti gli aspetti con passione ed energia costruttiva. Non mi era mai capitato in precedenza e non capisco perché gli scrittori, qui in Italia, siano sempre sistematicamente tenuti al margine del processo produttivo. Negli USA anche lo scrittore di puntata va sul set per dare il suo contributo, qui quando consegni il testo scritto spesso e volentieri, si viene ricontattati solo se ci sono problemi e serve riscrivere qualcosa. Un’abitudine pessima che dobbiamo combattere.

In che modo si è sviluppato il suo lavoro in questo progetto, quali aspetti ha toccato e quali sono state le difficoltà che ha dovuto superare?

Ovviamente lo showrunner all’italiana ha poco a che vedere con il suo corrispettivo d’oltreoceano. Lì questa figura gode di un rispetto e di una posizione gerarchica che qui non è minimante paragonabile. Io ho dovuto lottare, e non poco, per ottenere un decimo di quello che hanno di default i miei colleghi americani. Ma questo poco è per lo meno un punto di partenza e Uonderbois con il suo modello produttivo credo possa essere un esempio virtuoso da seguire. Si tratta di una serie che dal punto di vista della produzione era molto complessa: bambini protagonisti, real locations, effetti speciali e effetti digitali, sequenze d’azione. Insomma, non era propriamente una serie ‘due camere e cucina’.

Ogni giorno c’era un problema, dal più banale al più complesso, che, stando sul set con un ruolo attivo, ho potuto risolvere. È un vantaggio incredibile questo e non è un caso che sia un modello produttivo largamente adottato negli Usa per accrescere la qualità e anche la coerenza del prodotto.

Lei ha avuto un ruolo determinante anche nell’importante battaglia portata avanti dagli autori in funzione del created by. Pensa che la realizzazione di questa serie in questi termini possa rappresentare un apripista per le future produzioni seriali in Italia? Quali passi ci sono ancora da compiere in questa direzione?

Il created by è un punto fondamentale del nostro lavoro. Colui o colei che inventa una storia, i suoi personaggi e il suo sviluppo, è la persona da cui parte tutto e senza la quale non ci sarebbe un regista, un cast e una troupe. Niente di più inconfutabile eppure qui da noi è da sempre stata considerata quasi un’eresia. Leggo addirittura di produttori che pensano di essere ‘autori’ delle loro serie. Dobbiamo stare molto attenti affinché, quando ce ne sono le condizioni, gli autori di un prodotto possano avere questo credit. Io e Gabriele Galli (creatore insieme a me della storia di Uonderbois) abbiamo chiesto da subito che ci fosse riconosciuto e devo dire che non abbiamo avuto problemi particolari a farlo passare. Molte volte, però, non è così. Il problema del nostro settore è che spesso molti pensano di potersi sostituire agli scrittori. A volte con competenze improvvisate, a volte con prevaricazione. Questo non è mai sano perché una serie è sempre il prodotto dei talenti di più persone che si devono rispettare, ognuno per la propria competenza.  Creata da è un credit molto inclusivo che stabilisce una cosa oggettiva: questa storia l’ha ideata XY. Ultimamente ho letto in più di una volta il credit (solo in Italia devo dire) una serie di che fa sembrare che sia il prodotto di una sola persona. WGI deve monitorare, come già sta facendo, che non vengano utilizzati crediti meramente possessivi come questo e noi, scrittori di serie, dobbiamo essere molto attenti a ciò che firmiamo soprattutto nella parte dei crediti.

L’intervista è a cura di Vania Amitrano
La foto è di Barbara Gravelli

WGI si racconta – La Writers Guild Italia è nata con l’intento di valorizzare la professione degli sceneggiatori e tenta di supplire alla grande disattenzione con cui gli scrittori di cinema, tv, e web vengono penalizzati dagli organi di informazione. Questa rassegna offre uno spazio alle singole storie professionali dei nostri soci.