Chiusura in due tempi: 1
A che punto è la notte?
Ce lo siamo chiesti ogni giorno di tutti questi giorni. Ce lo chiediamo ogni anno. Lo abbiamo chiesto a tutti quelli di cui siamo andati a cercare il punto di vista.
La notte è vasta, ecco. Lunga. E adda passà.
Ma allo stesso tempo è calda, misteriosa – ed è impossibile resistere alla tentazione di tuffarcisi dentro, per viverla.
Ed è quello che ha fatto la Mostra. Anche questa.
Abbiamo capito che gli equilibri difficilissimi, tra la gestione del potere e la libertà di scelta e azione, ha portato ad avere una Mostra che per forza ha fatto leva su quel che Hollywood e dintorni sapeva offrire al meglio, lasciando ad altri palcoscenici una maggior ricerca – tipo la categoria Orizzonti, dove mediamente le proposte sono sembrate essere più in linea con chi pensa che la Mostra debba fare il rabdomante e cercare il nuovo. Ci appare ormai chiaro che la Mostra è continuamente intenta a non cadere dall’onda, surfando, in equilibrio precario: ha bisogno del consenso, del pubblico – ma deve comunque saper spingere in qualche modo oltre il confine che il mainstream crea. Ed è difficilissimo. Tutto. Ecco perché noi abitanti della Mostra, con le sue sale frigorifero, con le alzataccie mattutine e pure le code infinite ovunque (ai mezzi, alle mense, ai caffè, etc…) – beh insomma, noi che abbiamo abitato quello spazio-tempo siamo enormemente riconoscenti a chi pratica questo difficile sport del cavalcare l’onda. Grazie davvero.
Ed è per i motivi di cui qui sopra che abbiamo capito i premi: non vince la ricerca pura, ma la miglior capacità di essere popolare e colto allo stesso tempo, come si addice ad una nobiltà che apre le porte della propria magione alle persone comuni.
Il cinema italiano ha mediamente fatto una bella figura, pur non riuscendo a spiccare dei voli puri, unici e magnifici, tali da staccare gli altri. Ma ad ogni modo dei bei film ci sono stati – e non era scontato.
Questo argomento chiama di conseguenza il nostro settore, dunque l’assetto italiano. E qui sono stati dolori. Un’assemblea, che più problematica non poteva, ha mostrato quanto sia difficile mettere mano all’equilibrio di un settore fondamentale, ma perennemente in crisi. Ad aggiungere gradi di complessità ci ha pensato pure la supersoap messicana andata in onda in diretta proprio in quei giorni – aggiungendo non poche incertezze sul tracciato che l’intero comparto percorrerà nell’immediato futuro. Vedremo. Le parole finali sono state di avvicinamento, di ricerca di soluzioni per situazioni al limite (una per tutte: nel passaggio dal vecchio al nuovo sistema molti lavori rischiano di restare piantati nella terra di mezzo – per morirne. A meno che. Ed è su questa promessa che ci si è lasciati. Speranzosi.).
In questo frangente, il nostro settore nello specifico, non possiamo non vedere la singola posizione di WGI – che a Venezia si è fatta vedere e sentire, e non poco.
Alle Giornate degli Autori, dove ci siamo sentiti a casa, abbiamo visto la consistenza e concretezza del lavoro sulla AI. L’osservatorio permanente è realtà, al di là di ogni ragionevole dubbio. Ora cominceremo un percorso di consolidamento, già proiettati al prossimo appuntamento, previsto nella prossima edizione della Mostra. Un grande risultato.
Ma altro risultato di assoluto rilievo è stato constatare come WGI sia capace di proporsi con credibilità e autorevolezza nelle chiamate collettive riguardanti i tanti fronti perennemente aperti che il settore Cinema trova. Perché là dove ci sono battaglie vive per il nostro settore, là c’è WGI. A Venezia tutto questo è stato chiaro e lampante.
Infine un discorso a parte lo merita il momento di presentazione del contratto nazionale. Nella sala a fianco a quella dove Sergio Leone girò il gran ballo di C’era una volta in America, WGI ha illustrato, assieme alle altre sigle, i motivi che sono alla base della necessità del contratto. Il lavoro svolto da WGI è stato enorme, poco da fare. La presentazione è stata il momento in cui tutto questo si rende stampato, nero su bianco, evidente oltre le intezioni. Un fatto.
L’insieme di tutto quello che ha coinvolto WGI non si può comunque comunicare elencando solo gli avvenimenti – perché realmente quello che si è avvertito è stato un salto di qualità nella considerazione di tutti verso WGI. E qua non posso non parlare da iscritto a WGI e non sentirmi in debito con tutti quelli che hanno fatto così tanto per arrivare a questo. A tutti loro va la sincera gratitudine per aver portato la nostra sigla dove è, con ogni evidenza, ora. Venezia è stata la certificazione di questo enorme lavoro ben svolto.
E dunque. A che punto è la notte?
È lunga. Ecco. Davvero è e sarà lunga. E siamo tutti preoccupati. Ma la Mostra è viva e vegeta – e noi, settore italiano, ne abbiamo bisogno. E il Cinema italiano segnala vitalità diffusa. E WGI è forte come non mai, e parte fondamentale nel cercare di rendere il tutto più vivo e più meritevole.
E dunque diciamocelo: è giusto chiedersi a che punto è la notte – ma forse è arrivato il momento di dirci che la notte, ad oggi, non è nient’altro che il nostro modo di essere.