Bollettino n. 2
L’aria pesante e densa, da acquitrino, segna l’inizio del pomeriggio. Non si muove una foglia.
Mi incammino per andare al Lido. Il ritiro dell’accredito non è un gesto, ma un rito – con il suo tempio (dove tutto, per definizione, è fuori scala rispetto al domestico.
E dunque anche qui, nel gigantesco corridoio oscuro e misterioso che porta dall’Ade – dalla darsena dove arrivano le barche – allo stomaco dell’Overlook Hotel) e i suoi gesti (la coda, la cortesia che si fa subito internazionale, i sorrisi ai giovanissimi che lavorano lì per noi. E poi l’annusare le scale immense e fuori scala per un uomo solo, i corridoi ancora vuoti, stracarichi di lavoro da fare. Tutto in una notte. questo gigantesco set si deve montare oggi, ora, subito).
Ben al ridosso del muro, protetti dall’orlo dell’ombra, lui e lei stanno fermi, fissi, come finti. Lui, verso gli ottanta, in sedia a rotelle; lei, forse più giovane, seduta sui gradini di un ingresso di una casa. Dietro a loro, sul muro, giganteggia la figura stilizzata di un corpo nudo di donna, puro stile Basquiat de noialtri, con i capezzoli segnati da grandi e voluminose X – che fa tanto linguaggio proibito e fa pure un po’ metropolitana. Di fronte a loro, oltre lo sbalanco del campo squarciato dalla luce, l’ospizio da cui provengono. Quel campo, con quella luce, è un deserto infinito e inatraversabile. E allora loro. Immobili. Un tutt’uno con il padiglione della biennale alle loro spalle, dalla cui porta esce l’unico fiotto d’aria che oggi sentiranno…
Ecco. Venezia.
Sì, Venezia è anche questo. Strati uno sull’altro. Chi vive e chi popola. Chi espone idee e chi è esposto – per via del come vanno le cose. E tutti, tutti immersi in quest’aria da palude, immobili come figure sopra la cui testa la storia macina implacabile il suo svolgersi, in una Saigon immaginaria che annusa nel vento un cambiamento radicale; qualcosa sta per accadere, qualcosa di cataclismatico. Qualcosa finirà, soppiantato da qualcosa di nuovo.
E in effetti. Ecco. Venezia e la sua Mostra d’Arte Cinematografica, ecco cosa sono: sono il capodanno del nostro pianeta cinema.
E dunque. Buon anno. Buon anno a tutti.