Quell’estate con Irene
Scritto da Silvana Tamma e Carlo Sironi
La WGI è nata con l’intento di valorizzare la professione degli sceneggiatori. La sezione SCRITTO DA, sotto l’egida di WRITTEN BY, la prestigiosa rivista della WGAw, tenta di supplire alla grande disattenzione con cui gli scrittori di cinema, tv, e web vengono penalizzati dagli organi di informazione.
Quell’estate con Irene è un film italo/francese prodotto nel 2024 da Kino Produzioni e June Films, diretto da Carlo Sironi e presentato all’ultimo festival di Berlino nella sezione Generation 14plus. La sceneggiatura è firmata dallo stesso Sironi e da Silvana Tamma, che è stata raggiunta dalla nostra socia Mariangela Barbanente e qui ce ne racconta lo sviluppo.
Leggiamo nelle interviste fatte durante il festival di Berlino che Il film è nato da un’idea di Carlo Sironi. Cosa ha risuonato in te di questa storia? Come l’hai fatta tua?
Credo che sia stato prima di tutto il sentimento dell’amicizia. Mi piacciano i racconti in che parlano di amicizia. E poi, anche, la possibilità di raccontare come nel momento di vita delle protagoniste (hanno diciassette anni) si possa essere messi, all’improvviso, a confronto con un’incertezza reale che supera ogni immaginazione e sottrae alla spensieratezza.
Perché avete scelto di ambientare il film negli anni ’90? Cosa vi dava di più quella collocazione temporale che non vi avrebbe dato il presente?
La scelta di ambientarlo nei ‘90 è legata al fatto che il regista, Carlo Sironi, ha vissuto la sua adolescenza in quegli anni, cosa che ha aiutato a trovare una linea più diretta con i ricordi del tempo. La dimensione della memoria è onnipresente nel film e comunica una sorta di nostalgia anticipatoria, che si integra nel presente ma che è sempre sul punto di svelarsi
come tale.
Negli anni ’90 tu eri una bambina. Com’è stato immedesimarti in due protagoniste così vicine a te come età ma così lontane nel tempo?
Sì, io ero bambina e ho ricordi vividissimi della mia infanzia, soprattutto legati ad una sensazione di stupore costante e, allo stesso tempo, irrequietezza. Forse le due cose si tengono a braccetto. Per comprendere più a fondo le due protagoniste mi ha aiutata moltissimo leggere i diari scritti da ragazze adolescenti di quegli anni che Carlo ha usato come fonti assieme ad alcuni filmini realizzati in mini dv. Inoltre è stato fondamentale parlare con ragazze che hanno attraversato un periodo molto difficile legato alla malattia. Sono stati confronti importanti questi ultimi che con Carlo abbiamo condiviso.
ll regista cita tra le sue references per quest’opera i primi film di Jane Campion e Mia Hansen-Love. Insieme citate un film di Pialat: Passe ton bac d’abord. Qualche critico ha parlato di echi di Rohmer e Anderson, qualcun altro di Guadagnino e Charlotte Wells. Troppi nomi. C’è un autore a cui ti ispiri nel tuo lavoro, e non solo per questo film?
Cerco di guardare e di apprendere un punto di vista sulle cose da autori e autrici come Chantal Akerman, Pedro Almodòvar, Reiner Fassbinder, la stessa Jane Campion, Carlos Reygadas, Marco Ferreri e tutt’ora seguo con molto interesse certi lavori di alcuni autori e autrici che si stanno formando adesso
.Nomino Alice Diop ad esempio: per me è stato molto importante vedere il suo ultimo film, Saint Omer. E chissà chi altro arriverà. In generale mi piace confrontarmi con tutto ciò che accende in me qualcosa, un interesse, un sentimento e che poi si ricava uno spazio in una specie di immaginario sommerso e magmatico. È una vera fortuna, è qualcosa di molto
vitale quando succede. La possibilità di confrontarcisi è vitale, la spinta che ne deriva a guardarsi attorno in maniera diversa è necessaria, così come il dubitare di alcune certezze e rilanciare con nuove domande.
...E ora qualche domanda politica, visto che siamo pur sempre il sindacato degli Sceneggiatori Italiani. Hai seguito lo sciopero dei colleghi statunitensi? Secondo te che cosa dovrebbe essere migliorato qui da noi per la nostra categoria?
Certo, ho seguito lo sciopero e sono felice che siano riusciti a ratificare il contratto con gli Studios. Questo evento mi ha fatto riflettere rispetto alla nostra situazione. In realtà, devo dire che per me, come prima cosa, esiste una questione a monte. Molto spesso non si vive di solo scrivere. Di conseguenza, mi viene da pensare che, per garantire quanto meno una continuità per quanto riguarda la formazione e la tutela di una stabilità economica di chi fa o cerca di fare questo mestiere, sarebbe utile pensare ad un sistema di aiuti (penso allo chomage francese, una forma di disoccupazione destinata ai lavoratori dello spettacolo) dedicato alla categoria (più ampiamente alle categorie del mondo dell’arte e spettacolo). Una specie di rete di sicurezza che copra i periodi di assenza di entrate e attesa o ricerca di un nuovo lavoro. Per altro, riuscire ad identificarsi in una categoria, riuscire a nominarsi per quello che si fa ha a che fare anche con le possibilità che si hanno di esercitare il proprio mestiere.
Sei iscritta a un’associazione o a un sindacato? Pensi di farlo?
Non sono iscritta a nessuna associazione e penso di iscrivermi ad un sindacato. Proprio quest’anno ho maturato questa scelta ma non l’ho ancora messa in pratica.
L’intervista è a cura di Mariangela Barbanente
Scrittori a Berlino – Writers Guild Italia (WGI) incontra gli sceneggiatori italiani presenti con le loro opere al 74esimo Festival Internazionale di Berlino (15 – 25 febbraio 2024).