2010. L’inizio della storia: un atto di prepotenza.
Nel 2010, i produttori italiani cominciano a inserire nei contratti di sceneggiatura la CLAUSOLA AD APPROVAZIONE, secondo la quale gli sceneggiatori vengono, sì, pagati per il proprio lavoro, ma sono obbligati a correggerlo e revisionarlo FINO A QUANDO NON VENGA APPROVATO IN VIA DEFINITIVA DAL COMMITTENTE. In pratica, questo vuol dire fissare un compenso ben definito per un lavoro potenzialmente indefinito: una condizione iniqua e inaccettabile. Addirittura illegale secondo gli articoli del codice di procedura civile che regolamentano la prestazione d’opera.
Ottobre 2010. La reazione degli sceneggiatori.
A ottobre 2010 i lavoratori di cinema e tv occupano il RED CARPET DELLA FESTA DEL CINEMA DI ROMA per protestare contro i tagli al FUS del Ministro Tremonti. Tra loro, ci sono anche gli sceneggiatori, riuniti dalle tre maggiori associazioni di categoria: Sact, 100autori e Anac. Dal palco della manifestazione, DANIELE CESARANO e STEFANO RULLI, presidenti rispettivamente di Sact e 100autori, annunciano il diritto e la volontà degli sceneggiatori di ribellarsi alla clausola ad approvazione.
Giugno 2011. Il TURNING POINT
Il 20 giugno 2011 Sact, 100autori e ANAC riuniscono gli sceneggiatori italiani alla Casa del Cinema di Roma e ha luogo il TURNING POINT: 438 sceneggiatori, tra iscritti e non iscritti alle associazioni di categoria, sottoscrivono un documento in cui SI IMPEGNANO a NON FIRMARE MAI PIU’ ALCUN CONTRATTO CHE INCLUDA LA CLAUSOLA AD APPROVAZIONE. Un punto di svolta, come dice il nome dell’evento, nei rapporti con i produttori: indietro non si torna.