Un noir al femminile
“Fra tutte le ragazze che accompagnano la mia fuga per il mondo e la mia fuga da me stessa vorrei essere… Ci devo pensare, non sono sicura di sapere chi vorrei essere. Però sono certa di sapere chi non vorrei essere. Si fa prima a capire chi non si vuole essere, piuttosto che a capire chi si vuole essere.”
Questo l’incipit di “Youthless – Fiori di strada”, il romanzo scritto dal nostro socio e vicepresidente Writers Guild Italia, Massimo Torre, insieme a Alessandra Acciai, Massimo Carlotto, Patrizia Rinaldi, Pasquale Ruju.
Amore, dolore, amicizia e speranza rendono straordinari i personaggi femminili protagonisti, fatti della materia di cui si compongono gli incubi e i sogni.
Dal 25 ottobre nelle librerie italiane con HarperCollins.
Carissimo Massimo, “Youthless – Fiori di strada”, è un romanzo che approderà a breve nelle librerie italiane, ed è stato scritto con altri quattro autori, tra cui Patrizia Rinaldi, Alessandra Acciai, Pasquale Ruju e Massimo Carlotto. Com’è stata questa trait d’union fra diverse energie narrative?
Caro Francesco ad unirci nell’idea di scrivere un romanzo a più mani è stata la stima reciproca e l’amicizia che ci lega. L’intenzione era quella di costituire una writer’s room di scrittori noir, genere in cui Massimo Carlotto è sicuramente un maestro.
Il testo presenta una trama molto articolata. Cosa vi ha spinto a scegliere di raccontare sette personaggi femminili così sfaccettati?
Ci ha intrigato scrivere un romanzo i cui personaggi principali sono queste sei adolescenti, tutte di diversa origine e inclinazione, con una storia già difficile alle spalle, ognuna per suo conto, il cui nemico mortale, dopo l’incidente scatenante all’inizio del romanzo, diventa una poliziotta che tradisce brutalmente il suo ruolo. Ci ha intrigato raccontare che le persone che dovrebbero proteggerle sono proprio quelle che le minacciano, famiglie d’origine comprese. Sei ragazzine adolescenti sono apparentemente delle facili vittime. Questo fa crescere ancora di più il pathos della storia. E intanto raccontiamo il mondo contemporaneo che sono costrette ad attraversare nella fuga.
Nella vostra writer’s room, la sinergia creativa è stata sempre condivisa o ci sono state divergenze nella scrittura?
E’ stato impegnativo, non era facile riuscire in questo esperimento inusuale. Ci siamo scambiati idee ed opinioni elaborando la storia, ma generalmente non abbiamo mai perduto la sintonia. Non ricordo tra noi scrittori di romanzi noir un vero momento di attrito. Anzi. Abbiamo lavorato in grande sintonia per arrivare a scrivere un romanzo che sembrasse scritto da un’unica mano.
Il suggestivo titolo fa venire in mente delle diverse aperture tematiche, dal thriller al drama compreso il diario di viaggio. Come vi siete orientati nella scelta?
Bravo. Dentro il romanzo c’è tutto questo. La natura stessa della storia lo prevedeva.
Questa storia con straordinari personaggi corali, ha tutte le carte in regola per diventare un road movie o una serie tv. Sei d’accordo?
In effetti è già stata opzionata per farne una serie.
Alla Festa del Cinema di Roma ci sono stati dei timidi, ma pur sempre sporadici segnali di attenzione sulla figura dello sceneggiatore. Nonostante tutto, è un discorso che le associazioni di categoria, compresa Writers Guild Italia, non devono mai smettere di rimarcare?
Sfondi una porta aperta, Francesco. Per quanto mi riguarda, come per tutto il board di WGI, sempre più dobbiamo pretendere che lo sceneggiatore abbia il giusto riconoscimento. Che gli sia attribuito il peso specifico primario che ha. Non esiste nessun film, nessuna serie, se non quando lo sceneggiatore ha finito di scrivere l’ultima parola. Dare allo sceneggiatore quello che è dello sceneggiatore. Questo dobbiamo pretendere fino allo sfinimento.